Le indagini archeologiche in corso nel cuore del centro storico di Lecce, avviate a giugno, stanno progressivamente restituendo un affresco inedito della città nell’alto medioevo, ridefinendo la nostra comprensione del suo sviluppo urbanistico e strategico.
Le nuove evidenze, integrate con i ritrovamenti del secolo scorso, suggeriscono l’esistenza di un complesso sistema di fortificazioni, un vero e proprio *oppidum* tardoantico, abilmente integrato nell’imponente struttura dell’anfiteatro romano, un tempo fulcro della vita pubblica e culturale della *Lupiae* romana.
L’anfiteatro, riconosciuto come il più rilevante edificio dell’età romana leccese, non fu semplicemente abbandonato con la caduta dell’impero, bensì riqualificato e reimpiegato in una nuova funzione: quello di nucleo difensivo di un *kastron* bizantino, punto nevralgico del potere politico e militare locale.
Le attuali ricerche, concentrate nell’area compresa tra Piazza Sant’Oronzo e Via Alvino – area precedentemente interessata da indagini che avevano già portato alla luce frammenti della cavea, muri radiali, e pilastri perimetrali – rivelano una stratificazione complessa e articolata.
Le nuove strutture emerse si collocano immediatamente a nord dell’anfiteatro e si discostano dal suo perimetro originale, configurandosi come un’imponente opera fortificatoria sviluppatasi in due fasi costruttive distinte.
Si tratta di una risposta diretta alle crescenti instabilità politica e militare che caratterizzarono il periodo tra il V e il VI secolo d.
C.
, un’epoca segnata da invasioni, migrazioni e riorganizzazioni territoriali.
Il fulcro di questa operazione di trasformazione è un massiccio muro, caratterizzato da una larghezza di 3,70 metri e da altezze che superano i due metri in alcuni tratti.
La tecnica costruttiva adottata, la cosiddetta “a sacco”, rivela l’urgenza e la praticità delle operazioni: un riempimento di terra e pietre irregolari racchiuso tra due paramenti murari, i quali a loro volta incorporano consistenti blocchi di spoglio provenienti dallo smantellamento dell’anfiteatro stesso e da altre strutture monumentali presenti nell’area.
Questa riutilizzazione di materiali preesistenti, oltre ad attestare la scarsità di risorse nel periodo altomedievale, denota una sapiente capacità di adattamento e di valorizzazione del patrimonio architettonico romano, trasformandolo in elemento chiave di una nuova identità urbana.
L’integrazione dell’anfiteatro nel sistema difensivo, lungi dall’essere un’imposizione, appare come una scelta strategica: la sua mole e la sua posizione dominante nell’ambito urbano lo rendevano un punto di riferimento ideale per controllare il territorio e proteggere la popolazione.
Il decreto di Onorio del 404, che proibiva i giochi gladiatori e altri spettacoli nell’arena, segnò il punto di rottura con il passato e accelerò la transizione verso una nuova era, in cui la funzione di luogo di spettacolo dell’anfiteatro veniva soppiantata dalla necessità di garantire la sicurezza e la sopravvivenza della comunità.
Le indagini in corso promettono di svelare ulteriori dettagli su questo cruciale periodo della storia leccese, contribuendo a ricostruire il volto di una città resiliente, capace di reinventarsi e di sopravvivere alle sfide del tempo.