Il libro “Non smetterò mai di cercarti” è nato da un’incongruenza, una dissonanza percepita tra la memoria individuale e la realtà condivisa.
Durante conversazioni con il fratello, Chiara Tramontano si è resa conto che i suoi ricordi dei giorni successivi alla scomparsa della sorella Giulia, brutalmente assassinata nel 2023, divergevano dalla sua versione dei fatti.
Un meccanismo di difesa, suggerisce Chiara, si era attivato, offuscando la chiarezza del ricordo, un fenomeno ampiamente documentato nella psicologia della memoria traumatica.
La giovane ricercatrice, oggi impegnata in Olanda, ha sentito l’urgenza di fissare la memoria di Giulia, di contrastare il rischio di una progressiva dissoluzione nel tempo e nella banalizzazione del femminicidio.
Il libro non è solo una testimonianza del dolore personale, ma un atto di resistenza contro l’oblio, un tentativo di restituire a Giulia un’identità oltre la tragedia, una voce che non venga soffocata dalla brutalità del gesto.
Chiara non voleva che la sorella fosse ridotta a una statistica, a una delle “tantissime vittime” di una violenza insensata.
Il percorso di scrittura è stato un viaggio interiore, un’esplorazione complessa dei sensi di colpa, della responsabilità e della trasformazione personale.
Ripercorrendo gli eventi, Chiara ha confrontato la “Chiara che cercava Giulia a Senago” con la “Chiara dopo Giulia”, riconoscendo in sé un’evoluzione, una maturazione forzata dall’esperienza del lutto e dalla consapevolezza della fragilità umana.
La testardaggine, tratto distintivo della sua personalità, si è progressivamente affiancata alla capacità di ascolto, alla riflessione e all’empatia, qualità che riconosceva in sua sorella.
In un atto quasi spirituale, Chiara cerca di incarnare l’essenza di Giulia, permettendole di vivere attraverso le sue azioni e le sue scelte.
La recente conferma dell’ergastolo per Alessandro Impagnatiello, con l’attenuante della premeditazione esclusa in appello, ha generato in Chiara un senso di profonda amarezza.
Questa decisione, a suo avviso, sottrae ulteriore gravità al crimine e ingiustisce la sofferenza della vittima e dei suoi cari.
Essere “vittima collaterale” di un femminicidio implica affrontare un percorso giudiziario arduo, una battaglia costante per ottenere giustizia e verità.
Chiara percepisce la presenza di Giulia come una forza guida in questo processo, un faro che illumina il cammino verso la speranza di un futuro più sicuro e rispettoso dei diritti delle donne.
L’alternanza di momenti di profonda impotenza e di un fragile senso di giustizia definisce l’altalena emotiva che accompagna l’iter giudiziario, un processo che mette a dura prova la resilienza umana e l’integrità del sistema giudiziario.