venerdì 17 Ottobre 2025
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Comune di Bari

World Press Photo a Bari: Immagini di Ferite e Speranze

La World Press Photo Exhibition 2024, giunta al dodicesimo anno di presenza a Bari, si configura come un potente affresco della contemporaneità, un viaggio visivo attraverso le ferite e le speranze del nostro tempo.

L’evento, curato da Cime e ospitato nella suggestiva sala del Colonnato del Palazzo della Città Metropolitana, offre al pubblico l’opportunità di confrontarsi con 144 immagini, selezionate da un concorso che ha visto la partecipazione di quasi 60.000 candidature provenienti da 3.778 fotografi di 141 nazioni.

Al centro dell’attenzione, e meritevole di profonda riflessione, lo scatto della fotografa palestinese Samar Abu Elouf, vincitore del prestigioso “Photo of the Year”.

L’immagine, un documento crudo e commovente, ritrae un bambino di Gaza City gravemente mutilato a seguito di un attacco israeliano a marzo 2024, incarnando la tragica realtà di un conflitto che continua a devastare vite e a generare sofferenze indicibili.
È un’immagine che, al di là della sua potenza estetica, si configura come un imperativo morale, un appello all’umanità di fronte all’orrore e all’ingiustizia.
La mostra, ben oltre la singola immagine vincitrice, è un caleidoscopio di storie, un mosaico di esperienze che spaziano dai conflitti geopolitici alle crisi umanitarie, dalle disuguaglianze sociali alle lotte per i diritti civili.

Tra le opere esposte, spicca anche lo scatto della fotografa venezuelana Gabriela Oràa, che ritrae Maria Corina Machado, figura di spicco dell’opposizione venezuelana, insignita del Premio Nobel per la Pace nel 2025, simbolo di resilienza e di impegno per la democrazia in un contesto politico complesso e delicato.
“Queste immagini sono finestre sul mondo, specchi che riflettono le complessità che spesso tendiamo a ignorare o a semplificare”, ha sottolineato Vito Cramarossa, direttore di Cime, evidenziando come la mostra si proponga come un invito alla riflessione critica e alla responsabilizzazione.

L’elezione di questa location, un edificio di pregio architettonico, sottolinea l’importanza di creare un dialogo tra l’arte, la cultura e la comunità, offrendo un’esperienza coinvolgente e accessibile a tutti.
La fotoreporter italiana Cinzia Canneri, vincitrice nella categoria “Long Term Project,” ha condiviso la sua esperienza, spiegando come il suo lavoro abbia permesso di portare alla luce una storia precedentemente ignorata, dando voce alle donne eritree vittime di violenze sessuali durante la guerra, e offrendo loro la possibilità di chiedere giustizia.

La mostra, aperta fino all’8 dicembre, si configura dunque come uno spazio di ascolto, di testimonianza e di speranza, un luogo dove l’arte del fotogiornalismo si fa veicolo di consapevolezza e di cambiamento.

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