giovedì 4 Settembre 2025
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Comune di Bari

Crisi grano duro: la Puglia a rischio, serve aiuto immediato.

La crisi che attanaglia il settore cerealicolo pugliese, e per estensione l’intera filiera italiana del grano duro, si fa sempre più stringente.

I dati recenti, emersi dalle analisi della CIA Puglia, segnalano un crollo dei prezzi al di sotto dei 30 euro al quintale, una cifra che erode drasticamente il margine di sostenibilità economica per i produttori.

Questo andamento, certificato anche dalle quotazioni delle Borse Merci di Bari e Foggia, non è un mero fenomeno di mercato, ma si configura come una seria minaccia per la sopravvivenza di una coltura cardine per l’identità e l’economia nazionale.

L’accusa rivolta agli operatori della filiera, in particolare ai molinifici e alle industrie pastarie, è di perseguire interessi a breve termine attraverso una strategia di importazione massiccia, innescando una spirale di svalutazione che mette a rischio l’intero comparto.

Questa pratica, tuttavia, rischia di avere conseguenze disastrose: la progressiva diserzione dei campi da parte degli agricoltori, con la conseguente perdita di competenze, di biodiversità e di un’eccellenza agroalimentare riconosciuta a livello globale.

La leadership della Puglia nella produzione di grano duro, un primato costruito su secoli di tradizione e di ingegno agricolo, è ora appesa a un filo.
Si rende dunque imperativo un cambio di rotta, un intervento sinergico e mirato da parte dell’Unione Europea e del Governo italiano.

Non si tratta solo di salvaguardare un’attività economica, ma di preservare un patrimonio culturale e gastronomico inestimabile, un tassello fondamentale dell’identità nazionale.

Angelo Miano, presidente provinciale di CIA Agricoltori Italiani Capitanata, sottolinea l’urgenza di misure drastiche, come l’introduzione di dazi protettivi sulle importazioni provenienti da Paesi extraeuropei, dove standard di produzione spesso incompatibili con la tutela della salute e dell’ambiente consentono di abbattere i costi a fronte di impatti negativi sulla sicurezza alimentare.
Il sospetto è che l’adozione di pratiche agricole non conformi alle normative europee – l’utilizzo di fitofarmaci ormai vietati – permetta di offrire prodotti a prezzi artificialmente bassi, penalizzando i produttori italiani che operano nel rispetto di regole più stringenti.
L’iniziativa “Granaio Italia”, pur rappresentando un passo avanti nella direzione della valorizzazione del grano italiano, non è sufficiente a risolvere la situazione critica.

I costi di produzione, ormai saliti a 1200-1300 euro per ettaro, rendono la coltivazione non redditizia, esacerbata dall’impatto crescente dei cambiamenti climatici e dalla necessità di interventi tecnici sempre più onerosi.

La questione della sicurezza alimentare, sollevata da diverse voci, evidenzia un ulteriore motivo di preoccupazione riguardo alle importazioni, alimentando il dibattito sulla necessità di garantire la tracciabilità e la qualità dei prodotti offerti al consumatore.

La resilienza del settore cerealicolo italiano dipende dalla capacità di affrontare queste sfide in modo proattivo e sostenibile, proteggendo al contempo la salute dei consumatori e la tutela dell’ambiente.

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