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sabato 25 Ottobre 2025

Sciopero Ilva: Migliaia in mobilitazione per un futuro sostenibile.

La vertenza che coinvolge migliaia di lavoratori dell’ex gruppo Ilva ha visto oggi una significativa mobilitazione, con uno sciopero di 24 ore che ha interessato tutti i siti produttivi.

Questa azione, che ha visto partecipare circa 10.700 dipendenti diretti, 1.500 provenienti da Ilva in amministrazione straordinaria (As) e un numero ancora più ampio di lavoratori dell’indotto (circa 6.000), è un chiaro segnale di disagio e una richiesta urgente di risposte concrete.

Nonostante la convocazione di un tavolo di confronto a Palazzo Chigi per il 28 ottobre, le organizzazioni sindacali Fim, Fiom e Uilm hanno confermato la validità dello sciopero, sottolineando come la convocazione stessa rappresenti un primo, seppur parziale, successo ottenuto attraverso la pressione e le assemblee sindacali che hanno animato i siti produttivi.
La mobilitazione, a Taranto, ha visto un corteo di lavoratori e delegati sindacali che, sfidando le avverse condizioni meteorologiche, ha marciato dalla fabbrica fino a Palazzo di Città, dove si è tenuto un sit-in e dove è stato consegnato un documento ufficiale al sindaco Piero Bitetti.

Le richieste dei sindacati vanno ben oltre la semplice gestione dell’emergenza.

La vertenza è strettamente legata a un profondo ripensamento del modello industriale del gruppo, con un’attenzione prioritaria alla transizione ecologica.

I lavoratori chiedono un progetto industriale solido e credibile che preveda una decarbonizzazione radicale dei processi produttivi, un’ambientalizzazione completa dei siti e il ripristino di condizioni di lavoro sicure, salubri e degne di questo nome.

In questo senso, lo sciopero non è solo una protesta contro l’incertezza del presente, ma anche una richiesta di futuro.

Si evince inoltre una forte richiesta di intervento pubblico.

I sindacati ribadiscono la necessità di un sostegno statale che garantisca la tutela dell’occupazione, rifiutando soluzioni palliative come la cassa integrazione, che percepiscono come un palliativo privo di una visione strategica a lungo termine.
La difesa dell’integrità del gruppo, evitando una frammentazione societaria (“lo spezzatino”), è un altro punto fermo, poiché una dismissione parziale dei beni rischia di compromettere ulteriormente la continuità produttiva e la stabilità occupazionale.
La mobilitazione, quindi, è un appello a un intervento statale incisivo e proattivo, in grado di garantire un futuro sostenibile per l’area e per i lavoratori coinvolti.

La speranza è che il tavolo di Palazzo Chigi possa tradursi in azioni concrete e non in semplici promesse.

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