mercoledì, 25 Giugno 2025
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Taranto, acciaio e futuro: la sfida urgente per l’Italia.

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L’eredità industriale di Taranto, incarnata dall’ex Ilva, si presenta oggi come una sfida complessa e urgente, che trascende la mera riqualificazione di un sito produttivo per proiettarsi in un futuro sostenibile e socialmente equo. Le parole di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, pronunciate a Taranto a seguito di un’attenta disamina del territorio e dell’ascolto diretto dei lavoratori, cristallizzano un monito e una prospettiva: l’investimento mirato e l’intervento strategico dello Stato non sono optional, ma condizioni imprescindibili per la sopravvivenza e la trasformazione del comparto siderurgico.La persistenza di problematiche irrisolte, emersa con chiarezza nel corso degli anni, evidenzia come l’illusione di una soluzione di mercato sia fallita. Affidare il destino di un’infrastruttura strategica come l’ex Ilva esclusivamente alla logica del profitto privato si è dimostrato un errore, perpetuando un circolo vizioso di precarietà, impatto ambientale negativo e disagi sociali. Il rischio attuale non è semplicemente la perdita di posti di lavoro, ma la compromissione irreparabile di un tessuto industriale e umano fragile, con conseguenze devastanti per l’intera regione.Landini sottolinea con forza come la necessità di un ruolo pubblico centrale sia stata un punto fermo delle rivendicazioni sindacali fin dal 2012. Questo non si traduce in una gestione statale fine a sé stessa, bensì in un intervento calibrato, volto a guidare la transizione verso una produzione di acciaio moderna, efficiente e rispettosa dell’ambiente. Un intervento che sappia coniugare la tutela dell’occupazione con l’innovazione tecnologica e la responsabilità sociale.L’argomentazione del segretario della Cgil è ancor più stringente se si considera l’utilizzo di risorse pubbliche, spesso ingenti, che finora non hanno prodotto i risultati attesi. Continuare a investire senza una guida pubblica robusta e un disegno industriale condiviso equivarrebbe a perpetuare uno spreco inaccettabile, alimentando un sistema inefficiente e insostenibile.La sfida di Taranto, dunque, si configura come un banco di prova cruciale per la capacità del Paese di affrontare le complessità della transizione industriale. Non si tratta solo di salvare posti di lavoro, ma di costruire un futuro in cui l’acciaio, un materiale essenziale per lo sviluppo, possa essere prodotto in modo responsabile, valorizzando il know-how locale, garantendo la salute delle persone e preservando l’ambiente per le future generazioni. Il “Sì” al referendum abrogativo, sottolineato dal sindacato, si inserisce in questa visione di un futuro sostenibile, frutto di scelte consapevoli e di un impegno collettivo. La responsabilità è condivisa, ma l’azione decisiva deve provenire da chi ha la visione e gli strumenti per plasmare il futuro dell’industria italiana.

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