A una generazione di bambini tarantini è negato il diritto più elementare: quello di crescere in un ambiente salubre.
L’associazione “Genitori Tarantini”, portavoce di una comunità soffocata da decenni di inquinamento industriale, ha interrotto il silenzio con un gesto denso di significato, rivolgendosi alla sindaca di Genova, Silvia Salis.
La missiva, accompagnata da una maglietta emblematica recante la scritta “I bambini di Taranto vogliono vivere”, non è solo una richiesta di aiuto, ma un atto di accusa contro un sistema che privilegia l’interesse economico a scapito della salute pubblica.
La lettera esprime un profondo senso di ingiustizia, sottolineando l’incongruenza tra la realtà di Taranto, definita tragicamente come “zona di sacrificio” dall’Onu per i Diritti Umani, e il percorso compiuto da Genova.
Mentre la città ligure, nel 2005, ha compiuto un passo significativo liberandosi della produzione a caldo, a Taranto l’acciaieria, con le sue emissioni tossiche, continua a imperversare, con l’aggiunta di nuove infrastrutture che aggravano ulteriormente la situazione.
La retorica del progresso nazionale si scontra con una cruda realtà: la produzione di acciaio, considerata strategica per il paese, viene perseguita a un costo inaccettabile, quello della salute dei bambini tarantini.
L’esperienza genovese, che ha visto la chiusura dell’area a caldo accompagnata da misure di tutela dei posti di lavoro, appare un esempio inesaudito, un’opportunità mancata per Taranto.
Un velo di amarezza grava sulla mancanza di un sostegno concreto da parte di alcune realtà genovesi, in particolare delle donne di Cornigliano, figure che avrebbero potuto essere testimoni dirette e sostenitrici di una battaglia condivisa.
Il gesto vandalico perpetrato su un manifesto dell’associazione, che riportava lo stesso messaggio di speranza, incarna una resistenza ostile, un tentativo di soffocare la voce di una comunità che rivendica il diritto alla vita.
L’associazione “Genitori Tarantini” ricorda con determinazione l’azione legale avviata a Milano nel 2022, con l’obiettivo di ottenere la chiusura definitiva della produzione a caldo, un percorso giudiziario che attende ancora una sentenza dopo la storica pronuncia della Corte di Giustizia UE del 25 giugno 2024.
Questa sentenza, che riconosce la necessità di tutelare i diritti fondamentali dei cittadini tarantini, rappresenta una pietra miliare nella lotta per la giustizia ambientale.
Il messaggio finale è un appello appassionato: un desiderio di solidarietà, di empatia, di supporto da parte della sindaca di Genova e dell’intera comunità ligure.
Un invito a riconoscere la comune umanità, a superare le barriere geografiche e ideologiche, a unirsi in una battaglia per un futuro più giusto e sostenibile.
Il post scriptum non è un accessorio, ma un atto di partecipazione attiva: l’invito a indossare pubblicamente la maglietta, un gesto simbolico di vicinanza, un modo tangibile per manifestare la propria adesione alla causa dei bambini tarantini, un monito costante per non dimenticare che la loro salute è anche una responsabilità condivisa.