25 luglio 2024 – 08:55
Al termine di un’intenso discorso, durante il quale ha liquidato con disprezzo i circa cinquemila manifestanti pro Palestina riuniti attorno a Capitol Hill e davanti all’Union Station come “utili idioti dell’Iran”, Benjamin Netanyahu si è elevato a un confronto epico, paragonandosi a Winston Churchill. Nell’ora più cupa della Seconda Guerra Mondiale, il primo ministro britannico rivolse un appello agli americani: “Dateci gli strumenti e noi porteremo a termine l’opera.” Il leader israeliano ha offerto la sua versione personalizzata: “Forniteci con maggiore celerità gli strumenti e noi completeremo l’impresa con maggior tempestività.” I destinatari di questo appello, i senatori e i deputati del Congresso, si sono alzati in piedi applaudendo con fervore. Nonostante l’assenza della sinistra del partito democratico in segno di protesta, così come quella dell’ex Speaker della Camera Nancy Pelosi e di Kamala Harris per presunti impegni inderogabili, Netanyahu ha continuato imperterrito. Ha ignorato le tensioni con la Casa Bianca degli ultimi mesi e le proteste che hanno agitato Tel Aviv anche il giorno precedente. La strategia del leader israeliano è ben definita. In una scenografia curata nei minimi dettagli, con la giovane Noa Argamani simbolo di ostaggio presente in tribuna, Netanyahu si è presentato come il baluardo avanzato in uno scontro epocale tra barbarie e civiltà, tra coloro che seminano morte e chi difende la vita. L’alleanza cruciale rimane quella con gli Stati Uniti: “Amici miei, se c’è una cosa che dovete ricordare del mio discorso è questa: i nostri nemici sono i vostri nemici. La nostra battaglia è anche la vostra battaglia. E la nostra vittoria sarà anche la vostra vittoria.” Un concetto ripetuto sotto molteplici forme per quasi sessanta intensi minuti…