La Striscia di Gaza è teatro di una catastrofe umanitaria di proporzioni inimmaginabili, un inferno di cemento e disperazione che mina le fondamenta stesse della dignità umana.
I bombardamenti incessanti, che squarciano il cielo e le coscienze, hanno lasciato dietro di sé un paesaggio di rovine e dolore, un retaggio di morte e distruzione che colpisce indiscriminatamente la popolazione civile.
Padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia, testimonia con voce rotta la drammatica realtà che si consuma sotto i suoi occhi, un grido di aiuto che risuona attraverso un videomessaggio alla Fondazione ‘l’Isola che non c’è’, sollecitando una candidatura al Premio Nobel per la Pace rivolta ai bambini, i veri innocenti di questa tragedia.
La carenza di beni di prima necessità è spietata e onnipresente.
La fame morde lo stomaco di intere famiglie, la sete aggrava la sofferenza, la mancanza di medicinali trasforma anche le malattie più lievi in potenziali sentenze di morte.
L’assenza di energia elettrica paralizza ogni aspetto della vita quotidiana, rendendo impossibile anche la più elementare delle attività: illuminare una stanza, cucinare un pasto, mantenere in funzione i pochi ospedali ancora operativi.
La popolazione, composta da oltre un milione di persone nella sola città di Gaza, si è riversata nei pochi rifugi disponibili, in condizioni igienico-sanitarie precarie e spesso insostenibili.
Il patriarcato latino di Gerusalemme, guidato dal cardinale Pierbattista Pizzaballa, è al fronte per fornire assistenza umanitaria, ma le risorse sono limitate e le sfide enormi.
La ricostruzione, non solo di edifici ma di vite e speranze, appare un miraggio lontano.
Le temperature estreme, con picchi di 50 gradi, aggravano ulteriormente la sofferenza, rendendo la vita quasi insopportabile per chi vive sotto tende o in case parzialmente distrutte, destinate ad essere ulteriormente demolite in vista di un piano di trasferimento forzato della popolazione.
La comunità cristiana locale, pur in condizioni di estrema vulnerabilità, si impegna a fornire supporto ai più fragili: ammalati, anziani, bambini e disabili, categorie particolarmente esposte alla sofferenza e alla morte.
La preghiera, in questo contesto di disperazione, rappresenta un’ancora di speranza, un appello al divino affinché conceda il dono della pace e ispiri coloro che si adoperano per alleviare il dolore e costruire un futuro di dignità e serenità per la popolazione di Gaza.
La richiesta è unanime: cessi ogni violenza, affloi la morsa della guerra e si apra una via per un dialogo costruttivo che possa garantire un futuro di pace e prosperità per tutti.