Durante un concerto a Trinitapoli, il 16 agosto, Francesco Sarcina, voce de Le Vibrazioni, ha acceso un dibattito che trascende i confini del palco, sfociando in polemiche e accuse reciproche.
L’artista, con toni a tratti aspri, ha espresso critiche nei confronti di colleghi che utilizzano l’auto-tune come artificio compensativo e che esibiscono un’immagine di opulenza percepita come distante dalla realtà, ma ha anche esteso il suo sguardo all’arena politica, prendendo di mira il governo e, in particolare, la figura del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Questa scelta, lungi dall’essere una semplice espressione di dissenso, ha suscitato una reazione immediata e veemente da parte della Lega, il partito guidato dallo stesso Salvini.
Il commissario pugliese della Lega, il senatore Roberto Marti, ha definito le parole di Sarcina “ingiustificabili e strumentali”, sottolineando l’inappropriatezza di utilizzare spazi dedicati alla cultura e alla musica per un’esasperazione del confronto politico attraverso attacchi personali.
Marti ha rimarcato come tale comportamento rappresenti una “brutta caduta di stile” che contrasta con i valori che dovrebbero ispirare l’arte e l’azione scenica.
A rafforzare la critica si è aggiunto il deputato pugliese della Lega, Rossano Sasso, il quale ha denunciato come Sarcina abbia deliberatamente trasformato un evento musicale in un “comizio politico”, ricorrendo a un linguaggio volgare e inaccettabile nei confronti di Matteo Salvini.
Sasso ha espresso il suo disappunto, sostenendo che la musica dovrebbe essere un ponte, un collante capace di superare le divisioni, e non un veicolo di propaganda politica e di incitamento all’odio.
Il deputato ha inoltre evidenziato come l’offesa rivolta al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, unitamente alla critica alla maggioranza di governo, rifletta indirettamente un insulto a milioni di elettori che hanno sostenuto tali figure politiche.
La riflessione di Sasso ha poi incalzato l’artista a dimostrare coerenza con le proprie presunte idee, suggerendo una rinuncia al compenso economico ricevuto dal Comune di Trinitapoli, amministrato da un centrodestra che l’artista stesso sembra disprezzare.
Questa richiesta, implicitamente, accusa Sarcina di ipocrisia, suggerendo che le sue critiche appaiono vuote se non accompagnate da un gesto concreto di rinuncia.
Il caso solleva interrogativi più ampi sul ruolo dell’artista nella società contemporanea, sulla responsabilità del linguaggio utilizzato durante gli eventi pubblici e sulla linea di confine tra libertà d’espressione e rispetto delle istituzioni.
La vicenda di Trinitapoli, al di là delle polemiche immediate, rischia di alimentare un clima di crescente polarizzazione, dove anche l’arte, un tempo considerata un’oasi di bellezza e di serenità, finisce per essere trascinata nel vortice della contesa politica.
L’episodio pone anche la questione del rapporto tra celebrità e responsabilità sociale, interrogando se la notorietà debba comportare un obbligo di moderazione e rispetto, soprattutto quando si utilizzano piattaforme pubbliche.