La giustizia italiana ha emesso una sentenza di condanna a quattro anni e nove mesi per un allenatore di pallavolo modenese, 38enne, riconosciuto colpevole di violenza sessuale su minore.
La decisione, emessa in sede di rito abbreviato nel tribunale di Modena, segna una tappa cruciale in una vicenda complessa e dolorosa, ampiamente documentata dalla stampa locale, come la Gazzetta di Modena e il Resto del Carlino.
La vicenda, al centro di un’indagine protrattasi nei mesi precedenti, ha portato all’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per l’imputato, evidenziando la gravità delle accuse fin dalle prime fasi.
L’accusa, durante la discussione processuale, aveva richiesto una pena esemplare, pari a dieci anni di reclusione, riflettendo la profonda indignazione suscitata dai fatti.
L’imputato, allenatore di una squadra Under 14, è accusato di aver perpetrato violenze su tre giovani atlete, tutte costituite parti civili nel processo insieme ai rispettivi genitori, presenti in aula per assistere all’udienza.
La loro testimonianza, carica di dolore e sofferenza, ha contribuito a ricostruire un quadro inquietante di abuso di potere e manipolazione psicologica.
Elemento centrale dell’accusa è la presenza di una vasta corrispondenza via WhatsApp tra l’allenatore e una delle vittime, risalente al 2023 e al 2024.
Questi messaggi, estesi a migliaia, costituiscono una prova significativa del rapporto di adescamento e sfruttamento psicologico perpetrato dall’imputato, rivelando una dinamica di manipolazione che ha gravemente compromesso l’integrità psicologica e la sicurezza della giovane atleta.
Il caso solleva interrogativi profondi sulla responsabilità degli adulti nei confronti dei minori, sulla necessità di rafforzare i controlli e i meccanismi di prevenzione all’interno delle strutture sportive e sulla vulnerabilità delle vittime di abusi di potere.
La sentenza, pur rappresentando una risposta alla sofferenza delle vittime, non può cancellare il trauma subito e sottolinea l’importanza di un percorso di sostegno psicologico e di recupero per le giovani atlete coinvolte, oltre che di un’educazione alla consapevolezza e alla tutela dei diritti dei minori.
L’episodio pone, inoltre, l’accento sulla cruciale necessità di un’analisi critica dei modelli di leadership e delle dinamiche relazionali all’interno del mondo dello sport giovanile, per evitare che simili tragedie si ripetano.






