La vicenda che coinvolge Giampaolo Amato, culminata nel processo di appello, si presenta come un complesso intreccio di omicidi che trascende la mera dinamica familiare per configurarsi come un piano criminale premeditato, volto a eliminare individui percepiti come un ostacolo.
Questa interpretazione, sostenuta dal procuratore generale Ciro Cascone nella sua requisitoria, non si limita a presentare i decessi di Isabella Linsalata e Giulia Tateo come eventi separati, ma li colloca all’interno di una sequenza logica, un’esecuzione orchestrata con precisione.
La condanna in primo grado all’ergastolo, basata sull’ipotesi di un assassinio perpetrato attraverso un mix letale di Sevoflurano e Midazolam, emerge come la risposta giudiziale a un quadro di accuse gravissime.
Il movente, delineato dalla Procura, si articola su due piani: un interesse economico, presumibilmente legato a questioni ereditarie e finanziarie, e una relazione sentimentale extraconiugale, che suggerisce un desiderio di liberarsi dai vincoli familiari per perseguire una nuova relazione.
L’analisi delle dinamiche investigative, condotta in sinergia con il pubblico ministero Antonella Scandellari, ha permesso di individuare un elemento cruciale per comprendere l’agire di Amato: l’utilizzo reiterato di Midazolam e Sevoflurano.
Questi farmaci, per la loro specifica azione anestetica e sedativa, non solo hanno permesso di sopprimere le funzioni vitali delle vittime, ma hanno anche facilitato la pianificazione e l’esecuzione dei delitti, suggerendo una certa dimestichezza con il loro utilizzo e potenziali effetti.
La similitudine tra i decessi, definita dal procuratore Cascone come “due morti fotocopia”, evoca un’immagine di precisione e di un piano che si sviluppa in fasi.
L’omicidio di Giulia Tateo, la madre di Isabella, viene presentato come una sorta di “prova generale”, un esperimento volto a perfezionare la tecnica e a verificare la fattibilità dell’eliminazione successiva di Isabella Linsalata.
Questa interpretazione suggerisce una deliberata pianificazione e un metodo preciso nell’esecuzione dei delitti, che miravano a simulare decessi naturali o incidentali, per eludere le indagini e depistare le autorità.
La vicenda, al di là delle implicazioni legali e delle responsabilità individuali, solleva interrogativi profondi sulla fragilità dei legami familiari, sulla capacità di pianificare e di agire in modo spietato, e sulla difficoltà di comprendere le motivazioni che spingono un individuo a commettere atti di tale gravità.
L’innocenza proclamata dall’imputato si scontra con un corpus di elementi indiziari che, secondo la Procura, delineano un quadro di premeditazione e di un progetto criminale volto a liberarsi da un passato percepito come un fardello.






