Una figlia si erge contro il silenzio: la difesa di Giampaolo Amato attraverso gli occhi di Anna ChiaraUn grido di verità si leva dal cuore di Anna Chiara Amato, figlia di Giampaolo, medico condannato a vita a Bologna per l’omicidio della moglie Isabella Linsalata e della madre di lei, Giulia Tateo.
A quattro anni dalla scomparsa della madre, Anna Chiara, insieme al fratello Nicola, rompe un silenzio imposto dal dolore e da una narrazione pubblica distorta, pubblicando una lettera carica di angoscia e di una ferma convinzione: l’innocenza del padre.
La lettera non è una semplice dichiarazione di sostegno, ma una disamina punto per punto della vicenda giudiziaria, smontando le fondamenta della tesi dell’accusa con un’argomentazione lucida e appassionata.
Anna Chiara contesta con forza l’idea di un assassinio perpetrato attraverso la somministrazione di farmaci, denunciando la proliferazione di congetture infondate e la mancanza di un movente plausibile.
Si focalizza su dettagli cruciali, confutando affermazioni che hanno contribuito a costruire un’immagine distorta del padre.
La decisione di richiedere l’autopsia, ad esempio, è stata presa da Nicola e dal padre stesso, spinti dalla volontà di escludere malattie genetiche, non per nascondere qualcosa.
Anna Chiara nega che il padre abbia mai suggerito la cremazione della madre o manifestato un’ossessiva curiosità sui risultati dell’autopsia, sottolineando come fosse lei, impaziente e preoccupata, a sollecitare aggiornamenti.
Con un tono che mescola dolore e indignazione, Anna Chiara e il fratello respingono con fermezza l’accusa di manipolazione e influenza paterna nella gestione delle proprietà ereditate, ricordando come il padre abbia rinunciato immediatamente a tali beni.
La loro professionalità – lei medico, lui avvocato – li ha portati a criticare apertamente il padre a causa della sua relazione extra-coniugale, rendendo impossibile l’ipotesi di un controllo.
La lettera pone interrogativi scomodi, svelando incongruenze nella narrazione dell’accusa.
Come mai una genetista, esperta in materia, non abbia segnalato i sospetti di avvelenamento ad altre colleghe, pur essendo a conoscenza della situazione? Come mai la madre, presunta vittima di un avvelenamento, abbia continuato a organizzare viaggi e momenti di intimità con il presunto aggressore?Anna Chiara fa luce sulla natura della relazione tra il padre e la madre, evidenziando come le intercettazioni e l’analisi dei messaggi familiari abbiano dimostrato l’assenza di ostacoli alla relazione extra-coniugale da parte della madre, la quale aveva semplicemente chiesto una scelta.
La lettera si conclude con un appello commovente: il desiderio che i figli non vengano abbandonati dalla comunità, dai parenti e dagli amici, dopo aver perso entrambi i genitori.
Un rimprovero velato nei confronti di coloro che, conformandosi al teorema accusatorio, hanno evitato il contatto con i figli di Giampaolo Amato.
Anna Chiara non chiede clemenza, ma giustizia.
La sua difesa non è un atto di fede cieca, ma il risultato di una riflessione approfondita, di un’analisi lucida dei fatti, che la porta a una conclusione inequivocabile: non esistono prove sufficienti per ritenere colpevole il padre.
La sua lettera è un atto di coraggio, una voce che si erge contro un silenzio opprimente, un grido di speranza in un sistema giudiziario che possa ascoltare e valutare la verità.






