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sabato 8 Novembre 2025

Bologna, Accademia d’Arte: Condannati per erogazioni improprie

La vicenda che ha coinvolto l’Accademia di Belle Arti di Bologna e che ha portato alla condanna da parte della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna, sezione giurisdizionale, solleva questioni cruciali relative alla gestione delle risorse pubbliche, al principio del merito e alla responsabilità amministrativa.
Al centro della disputa, l’erogazione impropria di compensi accessori al personale docente per l’annualità 2018-2019, caratterizzata da una distribuzione indiscriminata che ha eluso i requisiti di valutazione e selettività previsti dalla normativa vigente.

La decisione della Corte dei Conti, che ha imposto un pagamento di 7.700 euro a carico del direttore pro tempore e del direttore amministrativo, si è basata sulla constatazione di una “ingiustizia manifesta”, derivante dall’assegnazione di premi a soggetti che non avevano fornito prestazioni lavorative aggiuntive o che si erano dimostrati meno impegnati rispetto ai colleghi.

Questa pratica contrasta direttamente con i principi sanciti dal Decreto Brunetta del 2009, una pietra miliare nella riforma della pubblica amministrazione italiana.
Il decreto, infatti, introduce un sistema di premialità legato alla performance e al merito, volto a incentivare l’eccellenza e a valorizzare il contributo individuale all’interno dell’ente pubblico.
L’omogeneità delle erogazioni, in contrasto con il principio di selettività, ha generato un effetto controproducente, potenzialmente demotivante per il personale più qualificato e performante.

La Corte ha evidenziato una preoccupante carenza di diligenza e competenza da parte dei direttori, i quali hanno riposto una fiducia eccessiva in consolidate prassi preesistenti, senza verificarne la conformità alle disposizioni di legge.
Tale atteggiamento dimostra una profonda inadeguata comprensione dei propri doveri e delle responsabilità insite nella gestione di fondi pubblici.

La quantificazione del risarcimento danni è stata condotta tenendo conto del contributo, seppur mancato, dei revisori dei conti.
Questi ultimi, pur non essendo stati direttamente citati in giudizio, sono stati riconosciuti come potenzialmente responsabili di non aver evidenziato le irregolarità procedurali.
Di conseguenza, una parte della responsabilità per il danno erariale è stata imputata ai revisori, con conseguente scomputo delle relative quote a carico dei direttori.

L’episodio, oltre a comportare un onere economico per i dirigenti condannati, rappresenta un campanello d’allarme sulla necessità di rafforzare i controlli interni, di promuovere una cultura della responsabilità e della trasparenza all’interno della pubblica amministrazione, e di garantire che l’utilizzo delle risorse pubbliche sia improntato a criteri di efficienza, efficacia e, soprattutto, di equità.

La vicenda sottolinea l’importanza cruciale della vigilanza e dell’applicazione rigorosa delle normative in materia di gestione finanziaria, a tutela dell’interesse pubblico e della credibilità dell’azione amministrativa.

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