La crescente emergenza abitativa a Bologna si manifesta con una drammatica escalation nella domanda di servizi di prima necessità, evidenziando una frattura sociale che va ben oltre la semplice mancanza di cibo.
I dati provenienti dalla Caritas e dalle iniziative dell’Antoniano testimoniano un aumento esponenziale dei bisogni, con mense che accolgono centinaia di persone e un incremento significativo delle richieste di assistenza per l’igiene personale.
Il direttore della Caritas, Matteo Prosperini, ha portato all’attenzione un aspetto cruciale: le persone che si rivolgono a questi servizi sono residenti bolognesi, individui che non necessitano primariamente di cibo, ma di un tetto, di un luogo sicuro dove stabilizzarsi.
Questa realtà si inserisce in un contesto più ampio, sottolineato dalla sensibilità del cardinale Matteo Zuppi, che incoraggia un impegno costante e un dialogo costruttivo con le istituzioni.
La Caritas, in risposta, ha sviluppato un’iniziativa ambiziosa, gestendo attualmente alloggi equivalenti a un piccolo condominio, frutto di una rete di collaborazione tra parrocchie e privati cittadini.
Questi ultimi, riconoscendo l’urgenza della situazione, hanno offerto in gestione spazi precedentemente inutilizzati, creando un ponte tra la disponibilità immobiliare e il bisogno abitativo.
L’approccio della Caritas non si limita alla semplice fornitura di alloggi, ma mira a facilitare “transizioni abitative” mirate all’emancipazione sociale e lavorativa.
La difficoltà, tuttavia, risiede nella precarietà del mercato immobiliare, dove persino chi possiede un contratto di lavoro a tempo indeterminato fatica ad accedere a soluzioni abitative adeguate, fenomeno che colpisce sia i cittadini italiani che quelli stranieri.
Prosperini ha evidenziato come l’utenza beneficiaria di queste soluzioni abitative non sia composta da persone in stato di indigenza assoluta, bensì da lavoratori con un reddito sufficiente a sostenere un affitto, ma non in grado di permettersi prezzi elevati o immobili di lusso.
Si tratta di una fascia di popolazione “sospesa” tra l’autosufficienza e la marginalizzazione, esposta alla volatilità del mercato e alla crescente difficoltà di accedere a un alloggio dignitoso.
Infine, l’importanza di una collaborazione sinergica tra il Comune e la Fondazione per l’Abitare è stata sottolineata come un’opportunità cruciale per ampliare l’impatto delle iniziative a favore dell’accesso alla casa, un imperativo etico e sociale che richiede un impegno condiviso e un ripensamento profondo delle politiche abitative urbane.
La sfida attuale non è solo quella di fornire alloggi, ma di costruire una comunità inclusiva e sostenibile, dove il diritto alla casa sia garantito a tutti i suoi membri.







