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martedì 4 Novembre 2025

Evan, un angelo spezzato: il dolore di Walter Delogu.

Il silenzio è un macigno.

Un silenzio che inghiotte parole, ricordi, un futuro interrotto troppo presto.
Walter Delogu, figura solida e rocciosa nel tessuto della comunità di San Patrignano, ex autista di Vincenzo Muccioli, padre di Andrea, testimone della resilienza e della fragilità umana, ha affidato ai social il suo dolore, un grido lacerante per la perdita di Evan, suo figlio diciottenne, strappato alla vita in un tragico incidente motociclistico.

Le parole di Walter non sono un semplice lamento, ma un affresco vivido di un ragazzo straordinario, un giovane uomo forgiato da un’etica del lavoro instancabile e da un’intelligenza acuta.
Evan era un concentrato di responsabilità e gentilezza, un punto di riferimento per la famiglia e un esempio di integrazione positiva all’interno di una realtà complessa come San Patrignano.

La sua giornata era un tripudio di impegni: le attività serali dedicate alla crescita personale, lo studio all’Alberghiero che apriva le porte a un futuro di opportunità, l’allenamento in palestra che curava il corpo e la mente, il gesto quotidiano di preparare il pranzo per la famiglia, alleviando il carico di Walter e della madre.
Il rispetto era un pilastro del suo essere, testimoniato dal “chiedere il permesso” prima di alzarsi da tavola, dal lavare i piatti con diligenza, dalla cura dei dettagli che rivelavano un animo sensibile e attento.

L’indipendenza economica era un valore che Evan incarnava pienamente.
Il lavoro estivo al bagno 75, fonte di un guadagno che gli permetteva di finanziare i suoi desideri, inclusa la moto che tanto amava.
Un bolide che rappresentava, forse, una ricerca di libertà e di velocità, un modo per sfuggire alla gravità della realtà.

Walter rivela un dettaglio sconcertante: Evan traduceva articoli sull’emergenza droga, documenti specialistici che fornivano a Walter gli strumenti per affrontare le conferenze nelle scuole, per avvertire i giovani sui pericoli dell’abuso di sostanze.
Un figlio che, paradossalmente, si dedicava alla prevenzione dei drammi che lo avrebbero potuto coinvolgere.
La sua lucidità era un dono prezioso, un’arma per contrastare l’oscurità che minaccia i giovani.

La definizione di “angelo” non era una mera espressione affettuosa, ma un riconoscimento profondo di una purezza interiore, di una sensibilità che trascendeva l’età.
Walter, ora, comprende appieno il significato di quelle parole.
Il dolore è palpabile nella confessione di aver dormito nel letto del figlio, un gesto di disperazione e di vicinanza, un tentativo di riappropriarsi di un amore perduto.

La promessa di sistemare e vendere la moto, quel simbolo di giovinezza e di ambizione, è un atto di liberazione, un modo per distaccarsi da un ricordo troppo doloroso.
La conservazione dell’auto del figlio, al contrario, è un atto di speranza, un modo per preservare un legame eterno.
La promessa di un futuro incontro, un riso condiviso, è un’ancora di salvezza in un mare di dolore.

Un bacio, un abbraccio, un addio a un figlio che ha lasciato un’impronta indelebile nei cuori di chi lo ha conosciuto.

L’augurio di “farti valere” lassù, in un paradiso che ora ti accoglie, è un canto di speranza, un’invito a continuare a brillare, anche nell’oscurità.

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