Ferrara, sequestrati 650.000 euro a capofitto del caporalato

Il tessuto economico e sociale della provincia di Ferrara è stato recentemente scosso da un’operazione di contrasto al caporalato, culminata nel sequestro patrimoniale di beni per un valore di circa 650.000 euro a carico di Ali Zulfiqar, cittadino pachistano di 60 anni.

Il provvedimento, disposto dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Bologna su impulso del Questore di Ferrara, rappresenta un significativo passo avanti nella lotta a un fenomeno criminale che affligge il settore agricolo, alimentato da dinamiche di sfruttamento e marginalizzazione.

L’indagine, di natura patrimoniale, ha svelato un complesso sistema di deviazioni finanziarie, mettendo in luce una discrasanza evidente tra le dichiarazioni di reddito presentate e le spese sostenute.

Questo divario, elemento chiave per l’applicazione delle misure di prevenzione, ha portato al blocco di cinque conti bancari, sette società di comodo e un immobile sito ad Argenta.

I beni intercettati, frutto di un’attività illecita protratta nel tempo, erano stati progressivamente incanalati nel patrimonio dell’indagato, configurando un meccanismo di accumulo di ricchezza illegittima destinato a finanziare ulteriori attività criminali e a ostacolare l’efficacia della giustizia.

Ali Zulfiqar, precedentemente arrestato nel 2022, è stato identificato come figura centrale nell’organizzazione del caporalato, svolgendo un ruolo di promotore e organizzatore.

La sua funzione cruciale consisteva nel fungere da intermediario tra gli imprenditori agricoli delle zone di Ferrara e Ravenna e la manodopera migrante, spesso proveniente dal Pakistan, offrendo servizi di reclutamento e gestione della forza lavoro a condizioni economiche drasticamente svantaggiose per i lavoratori.

Questo sistema, oltre a violare le leggi sul lavoro e a generare profitti illeciti, ha contribuito a creare una situazione di vulnerabilità e precarietà per i lavoratori migranti, privandoli di tutele e diritti fondamentali.

Il sequestro patrimoniale non si limita a una sanzione pecuniaria; esso costituisce un potente strumento di prevenzione, volto a interrompere il flusso di denaro derivante da attività illegali e a recuperare risorse illecitamente acquisite.

L’operazione, integrata nel più ampio contesto di contrasto alla criminalità organizzata e allo sfruttamento del lavoro, testimonia l’impegno delle forze dell’ordine e della magistratura nel tutelare i diritti dei lavoratori, nel promuovere la legalità e nel garantire un’equa distribuzione delle opportunità economiche.

La condanna a tre anni di reclusione, unitamente al provvedimento di sequestro, sottolinea la gravità dei reati commessi e l’importanza di un approccio sistemico nella lotta al caporalato, che contempli non solo la repressione penale, ma anche misure di supporto e reinserimento per le vittime di sfruttamento.

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