La giustizia italiana, con la recente conferma della Corte d’Appello di Bologna, ha riaffermato un debito storico nei confronti delle vittime dell’eccidio di Monte Sole, condannando nuovamente la Germania al risarcimento di circa 50 milioni di euro.
Questa sentenza, che segue il verdetto di primo grado del 2022, non si limita a riconoscere la responsabilità del regime nazista in un atto di violenza che spezzò la vita di 770 persone tra i Comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno, ma si addentra in una complessa analisi giuridica e morale.
Il massacro, perpetrato tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944, fu il culmine di un piano deliberato e strutturato, ordito nelle alte sfere del Terzo Reich e messo in atto tramite le direttive impartite dal Feldmaresciallo Albert Kesselring. La brutalità della rappresaglia colpì indiscriminatamente, strappando alla vita donne, anziani e bambini, con un numero particolarmente drammatico di vittime innocenti: 392 donne, 132 anziani e 217 bambini, testimonianza di un’atrocità che ha segnato profondamente il tessuto sociale dell’Appennino bolognese.
La Corte felsinea ha qualificato gli eventi come crimini di guerra e crimini contro l’umanità, richiamandosi espressamente lo Statuto di Norimberga, un pilastro fondamentale per la definizione e la punizione di crimini internazionali.
La sentenza non si è basata solamente sulla ricostruzione degli eventi, ma ha anche considerato la profonda sofferenza causata a livello umano e familiare, riconoscendo la gravità del pregiudizio subito dalle comunità coinvolte.
Significativamente, la Germania, costituita in giudizio, non ha contestato la ricostruzione dei fatti né la responsabilità del regime nazista, segnale di una presa di coscienza, seppur tardiva, di un debito morale e legale verso le vittime e i loro discendenti.
I risarcimenti, variabili tra 400.000 e quasi 3 milioni di euro per famiglia, sono stati calcolati su tre distinti ambiti di danno: la perdita del rapporto parentale, il danno alla vita familiare e l’agonia patita dalle vittime, una quantificazione complessa che tenta di esprimere, seppur in modo insufficiente, l’irripetibilità e l’unicità di ogni perdita.
Tuttavia, il tragitto che separa il verdetto dalla concreta erogazione dei risarcimenti si presenta ancora costellato di incertezze.
Circa la metà dei trenta familiari coinvolti ha già presentato domanda al Fondo governativo per i crimini nazi-fascisti, istituito dal governo Draghi, mentre l’altra metà si appresta a farlo nei prossimi giorni.
A tutt’oggi, nessuno dei parenti ha ricevuto alcun pagamento, evidenziando una discrepanza tra la pronuncia della giustizia e l’attuazione pratica del risarcimento.
Il Fondo, gestito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, necessita urgentemente di un incremento dei finanziamenti, data la crescente ondata di condanne che attribuiscono indennizzi a famiglie di stragi nazifasciste in tutta Italia.
Questa situazione solleva interrogativi sulla capacità dello Stato di onorare gli impegni assunti nei confronti delle vittime e dei loro eredi, e sottolinea l’importanza di un impegno costante per garantire che la memoria storica non si trasformi in un mero esercizio retorico, ma si traduca in azioni concrete di riparazione e di giustizia.