Il processo “Ragnatela”, celebratosi a Bologna e culminato con la sentenza di primo grado, ha delineato un quadro complesso di manipolazioni finanziarie e presunte estorsioni legate alla gestione della casa di riposo “Sassocardo” di Alto Reno Terme.
L’operazione, frutto di un’accurata indagine congiunta dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ha visto il Pubblico Ministero Roberto Ceroni richiedere condanne severe per tutti i quindici imputati, con pene potenzialmente elevate fino a nove anni, inclusa l’applicazione dell’aggravante mafiosa in alcuni casi.
La vicenda, centrata attorno al collasso finanziario della struttura e alla successiva riorganizzazione societaria, ha rivelato una rete intricata di operazioni opache e presunte attività illegali.
L’accusa sosteneva che il gruppo, capeggiato da Fiore Moliterni e Francesco Zuccalà, avesse orchestrato un piano volto a drenare i capitali della società preesistente, già in stato di dissesto, per poi crearne una nuova cooperativa, ricorrendo all’utilizzo di prestanome e a manovre finanziarie eluse.
La sentenza ha visto la condanna di sette imputati, con pene variabili tra i due e i sei anni, mentre otto sono stati assolti.
La figura di Fiore Moliterni, inizialmente richiesto in nove anni di reclusione, ha ricevuto una condanna a sei anni.
Omar Mohamed, accusato di tentata estorsione e assistito dall’avvocato Fausto Bruzzese, è stato assolto con formula piena, ovvero perché il fatto non sussiste, una decisione che nega completamente la fondatezza delle accuse mosse.
Francesco Zuccalà, coinvolto nelle stesse accuse, ha optato per il patteggiamento, con conseguente separazione del suo caso dal resto del processo.
Un elemento cruciale nella sentenza è stato il mutamento di alcune qualifiche giuridiche.
Le presunte estorsioni rivolte al personale della casa di riposo, inizialmente contestate come tali, sono state ricondotte a reati di violenza privata e tentata violenza privata.
Questo ha portato all’archiviazione delle accuse nei confronti di sei imputati, in quanto sussisteva un impedimento procedimentale.
Nonostante ciò, dove la contestazione di estorsione è rimasta in piedi, tali imputati sono stati assolti con formula piena.
Le condanne accessorie, riguardanti ad esempio l’interdizione dai pubblici uffici e l’informativa antimafia, non sono state esplicitamente menzionate, ma saranno sicuramente oggetto di valutazione nelle motivazioni della sentenza.
Edoardo Aiello e Danilo Moliterni hanno ricevuto due anni di reclusione, mentre Davide Bittolo, Giuseppe Ferrari e Umberto Ricci sono stati condannati a due anni e due mesi.
Giuseppe Chiodo ha ricevuto una pena di quattro anni e sei mesi.
Le motivazioni complete, che forniranno un’analisi dettagliata delle decisioni prese e dei ragionamenti giuridici alla base della sentenza, saranno rese pubbliche entro sessanta giorni.
Il processo “Ragnatela” solleva interrogativi sulla governance delle strutture socio-assistenziali e sulla necessità di un controllo più rigoroso delle operazioni finanziarie in questo settore delicato.







