martedì, 8 Luglio 2025
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Ragnatela: Inchiesta sulla gestione illecita di una casa di riposo

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Nel corso del complesso procedimento giudiziario derivante dall’operazione ‘Ragnatela’, condotta congiuntamente dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, la Procura Distrettuale Antimafia di Bologna, rappresentata dall’auspicabile contributo del PM Roberto Ceroni, ha formulato una richiesta di condanna per quindici imputati. Il collegio giudicante, presieduto dal dottor Massimiliano Cenni, è chiamato a valutare le accuse che emergono da un intricato schema di attività illecite, che ha come epicentro la gestione di una struttura per anziani, la casa di riposo Sassocardo di Alto Reno Terme, situata nell’Appennino bolognese.L’inchiesta ha portato, in un primo momento, all’arresto di due cittadini crotonesi, Francesco Zuccalà e Fiore Molinterni, e ha innescato un procedimento con un ingente sequestro preventivo, volto a tutelare il patrimonio pubblico e a impedire la prosecuzione di attività dannose. Le accuse che pendono sugli imputati spaziano da reati di estorsione e bancarotta, a diverse violazioni del diritto tributario e fiscale, rivelando una complessiva gestione opaca e finalizzata all’arricchimento illecito.Le pene richieste dalla Procura, calibrate in base alla gravità delle responsabilità individuali, variano da un minimo di due anni di reclusione a un massimo di nove. Particolarmente rilevanti le richieste di condanna nei confronti di Fiore Molinterni e Omar Mohamed, a quest’ultimo contestata, in aggiunta alle altre accuse, l’aggravante del metodo mafioso, un elemento che segna la natura organizzata e la premeditazione delle azioni criminali. La gravità di questa contestazione sottolinea l’impiego di dinamiche tipiche delle associazioni criminali per la perpetrazione dei reati. Le posizioni di Zuccalà e di un altro imputato sono state separate dal procedimento principale a seguito di richieste di patteggiamento, con un’udienza dedicata prevista a breve dinanzi a un altro collegio giudicante.Secondo la ricostruzione accusatoria, il gruppo di indagati avrebbe progressivamente assunto il controllo della casa di riposo, drenando sistematicamente le risorse finanziarie della società preesistente, già in stato di dissesto. L’azione ha portato al collasso finanziario e al fallimento della società nel 2016, con la conseguente creazione di una nuova cooperativa gestita attraverso l’utilizzo di prestanome, una tecnica volta a mascherare la reale titolarità e ad eludere i controlli. Un elemento particolarmente inquietante è l’emergere di comportamenti intimidatori e minacce rivolte al personale della struttura, impiegati per forzare le dimissioni e successivi riassunzioni all’interno della nuova realtà gestita dal gruppo. Nel caso di Omar Mohamed, già noto per la gestione di locali a Bologna, emerge anche l’accusa di tentata estorsione, consumata in parte all’interno della sede del Dopolavoro Ferroviario, estendendo la rete di illeciti a contesti sociali ampiamente definiti. La Procura ha formulato, inoltre, una richiesta di confisca dei beni oggetto di sequestro, mirando a privare i responsabili dei frutti delle loro attività criminali.A sostenere la propria posizione nel procedimento, si sono costituite parti civili come la Città Metropolitana di Bologna, rappresentata dall’avvocato Salvatore Tesoriero, e la Regione Emilia-Romagna, assistita dall’avvocato Alessandro Gamberini, sottolineando l’impatto negativo delle azioni illecite sul bene comune e sulla collettività. La decisione finale del collegio giudicante, con l’emissione della sentenza, è prevista per la seconda metà dell’anno, e si preannuncia come un momento cruciale per il definire le responsabilità e per accertare l’entità del danno arrecato.

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