A Rimini, una vicenda complessa e dolorosa che intreccia dinamiche di vulnerabilità, migrazione e giustizia minorile è al vaglio del tribunale.
La Procura della Repubblica ha richiesto una pena detentiva di sei anni per un giovane afghano di 22 anni, praticante di arti marziali, accusato di violenza sessuale nei confronti di una ragazza brasiliana all’epoca dei fatti minorenne.
La sentenza, attesa per metà marzo, segna la conclusione di un lungo percorso giudiziario costellato di elementi controversi e interpretazioni divergenti.
Le vicende risalgono ad agosto 2021.
Il legame tra i due giovani, inizialmente nato nell’ambito della vita di pendolari – lei per motivi di studio, lui per lavoro – si è progressivamente evoluto, per poi degenerare in un episodio di presunta violenza.
L’incontro, inizialmente innocuo, si è spostato in una zona isolata del Parco Marecchia, in prossimità del ponte di Tiberio, luogo che amplifica l’elemento di precarietà e isolamento.
La dinamica narrata dall’accusa evidenzia una situazione di squilibrio di potere.
Il giovane, sebbene maggiorenne, avrebbe approfittato della vulnerabilità della ragazza, allora quindicenne, immobilizzandola psicologicamente e fisicamente.
La sua presunta condotta, descritta come una serie di molestie, sarebbe stata osteggiata dalla vittima, che avrebbe più volte implorato di cessare le azioni e tentato di sottrarsi.
L’episodio solleva interrogativi cruciali riguardo alla capacità di una persona minorenne di esprimere pienamente il proprio consenso e alla responsabilità di un adulto di tutelare la sua integrità.
L’assenza di una denuncia immediata ha permesso una prolungata frequentazione tra i due, introducendo una variabile temporale che complica l’analisi del quadro complessivo.
La segnalazione da parte dei servizi sociali, già impegnati nel monitoraggio della situazione familiare della ragazza, ha innescato l’intervento delle autorità competenti, con l’apertura di un fascicolo e la successiva richiesta di rinvio a giudizio da parte del Gup.
Un elemento di particolare rilievo è rappresentato dalla testimonianza integrale della vittima durante l’incidente probatorio, che ha confermato le accuse.
Tuttavia, la versione del giovane, che ha sempre affermato la natura consenziente del rapporto, introduce un elemento di contrasto che rende la vicenda particolarmente complessa da interpretare.
Si tratta di un caso che coinvolge questioni di consenso, vulnerabilità e dinamiche migratorie, e che richiede un’attenta valutazione da parte del tribunale per garantire una giustizia equa e rispettosa dei diritti di tutte le parti coinvolte.
L’inchiesta ha inoltre sollevato interrogativi sulla responsabilità sociale di coloro che, come gli assistenti sociali, si confrontano quotidianamente con situazioni di disagio minorile e sulla necessità di rafforzare i meccanismi di protezione e supporto per le vittime di violenza.






