Un’indagine giudiziaria in corso a Ferrara ha sconvolto il mondo della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), con perquisizioni e sequestri disposti presso il centro dell’ospedale del Delta di Lagosanto.
La vicenda, riportata dal quotidiano “Nuova Ferrara”, coinvolge sei persone, figure chiave all’interno della struttura, sollevando interrogativi profondi sull’etica, la professionalità e la trasparenza delle procedure in ambito riproduttivo.
Le accuse mosse nei confronti degli indagati, che includono il responsabile dell’unità operativa PMA, l’ex responsabile del laboratorio, la responsabile attuale, la manager della qualità, un’embriologa e due biotecnologi (i quali hanno cessato l’attività nel luglio precedente), ruotano attorno a una serie di illeciti gravissimi.
In primis, si contesta la falsificazione di documenti clinici, una violazione che compromette l’accuratezza e l’affidabilità delle cartelle dei pazienti.
Parallelamente, si ipotizza un inadempimento delle linee guida operative, un aspetto cruciale per garantire la sicurezza e l’efficacia dei trattamenti PMA.
La dinamica più allarmante riguarda un episodio specifico, risalente a marzo 2023, in cui a una paziente è stato impiantato l’embrione di un’altra donna, con conseguente induzione all’aborto attraverso un raggiro.
Secondo l’accusa, la donna è stata deliberatamente ingannata, facendole credere che l’impianto fosse fallito a causa di un ritenzione del catetere, e che la somministrazione di un farmaco fosse necessaria per la pulizia dell’utero in preparazione a un nuovo tentativo.
Questo atto, qualora provato, configura il reato di procurato aborto, un’accusa di eccezionale gravità.
Ulteriori accuse contestano al responsabile della PMA di aver attestato, in aprile e marzo 2023, impianti di embrioni in due pazienti che in realtà non si sono mai verificati, e di aver inserito una ecografia inesistente nella cartella clinica di un’altra paziente.
Queste azioni testimoniano una manipolazione sistematica dei dati, volta a mascherare un comportamento irregolare.
L’omissione di controlli fondamentali, in particolare la verifica della fecondazione il giorno successivo al prelievo degli ovociti, è un altro elemento centrale dell’indagine.
Queste omissioni, particolarmente frequenti nei fine settimana e nei prefestivi, sono state sistematicamente falsificate, sia nel database Fertilab che nelle cartelle cliniche, configurando il reato di falso ideologico.
La mancanza di questi controlli rappresenta un rischio significativo per la salute e la sicurezza delle pazienti, in quanto impedisce di accertare la corretta evoluzione del processo di fecondazione.
Le indagini, condotte dai finanziari del Nucleo Economico-Finanziario, hanno portato al sequestro di documenti cartacei, dispositivi informatici e del software Fertilab, che gestisce i dati relativi alle attività PMA.
La vicenda si intreccia con un’ispezione del Centro Nazionale Trapianti, i cui risultati, come riporta “Nuova Ferrara”, potrebbero aver accelerato le azioni della Procura.
Questa situazione solleva questioni cruciali sull’integrità del sistema PMA e sulla necessità di rafforzare i controlli e le verifiche per garantire il rispetto dell’etica professionale e la tutela dei diritti delle pazienti.
La vicenda, al di là delle conseguenze legali per gli indagati, mette in luce la fragilità di un settore medico complesso e delicato come quello della procreazione assistita, richiedendo una riflessione approfondita sulle procedure, i protocolli e la supervisione delle attività.







