La figura di Sofia Stefani, strappata alla vita in circostanze tragiche, merita di essere restituita alla luce, liberandola dalle distorsioni e dalle semplificazioni che l’hanno offuscata nel corso del processo. Angela Querzè, la madre, si è presentata di fronte alla Corte d’Assise di Bologna per compiere un atto di pietà: ridare a Sofia la dignità che le era stata sottratta, restituendo un’immagine più completa e rispettosa della sua persona, al di là delle ombre che hanno avvolto la vicenda.Sofia non era semplicemente una vittima, ma una giovane donna vibrante di energia, animata da una profonda sensibilità e da un’innata inclinazione alla giustizia. La sua vitalità si manifestava in un’ampia gamma di passioni: lo sport, con i successi e i trofei conquistati nel pattinaggio, l’arte, ereditata dal padre, e un’attenzione sincera verso chi si trovava in difficoltà. La precarietà lavorativa, il peso di un futuro incerto a trentatré anni, la angosciava profondamente, alimentando una vulnerabilità che si intrecciava con la sua ricerca di stabilità e realizzazione personale. Il desiderio di vicinanza alla famiglia e al compagno Stefano, figura centrale nella sua vita, rivela un anelito a costruire un nucleo affettivo solido e duraturo.Il rapporto con Giampiero Gualandi, l’imputato accusato dell’omicidio volontario, assume un’importanza cruciale per comprendere la complessità della vicenda. La figura del sindacalista, percepito da Sofia come una guida e un sostenitore, ha generato in lei un senso di fiducia e speranza. La prospettiva di un cambiamento amministrativo, legata alle imminenti elezioni, le appariva come una promessa di riscatto professionale, un’opportunità per risolvere la sua situazione lavorativa e tornare a lavorare ad Anzola. Questa speranza, alimentata da una fiducia mal riposta, si è rivelata un’illusione fatale.La testimonianza di Angela Querzè non si limita a delineare un ritratto di Sofia, ma solleva interrogativi profondi sulla fragilità umana, sulla manipolazione delle aspettative e sulla distorsione delle relazioni di potere. La sua presenza in aula rappresenta un atto di coraggio, un tentativo di illuminare le zone d’ombra di una storia segnata dalla perdita e dal dolore, e di restituire a Sofia la sua vera essenza, al di là delle accuse e delle interpretazioni superficiali. Il processo, quindi, non è solo una ricerca della verità giudiziaria, ma anche un’occasione per onorare la memoria di una giovane donna spezzata, e per riflettere sulla necessità di proteggere la dignità e la vulnerabilità di chi, come lei, cerca un futuro di serenità e realizzazione. La sua storia ci invita a guardare oltre le apparenze, a comprendere le dinamiche complesse che si celano dietro le relazioni umane e a coltivare una maggiore sensibilità verso chi si trova ai margini della società.
Sofia Stefani: Ritratto di una giovane donna oltre le ombre del processo.
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