giovedì 14 Agosto 2025
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Stalking a Bologna: un ciclo di molestie senza fine.

Un quadro inquietante di persistenza e recidività si delinea a Bologna, dove un giovane di 29 anni si trova ad affrontare un secondo processo per stalking, a distanza di pochi mesi dalla prima condanna.

La vicenda, che getta luce su dinamiche complesse legate alla sfera sentimentale e all’ambiente sportivo, evidenzia la difficoltà di interrompere un comportamento persecutorio anche a seguito di un provvedimento giudiziario.
Il Giudice per le Indagini (GIP) Nadia Buttelli ha disposto il rinvio a giudizio immediato, fissando l’udienza per il 17 dicembre.

Questa decisione sottolinea la gravità delle nuove accuse e la necessità di una rapida risoluzione della vicenda.
L’imputato, difeso dall’avvocato Luca Portincasa, dovrà rispondere delle nuove condotte moleste che hanno ripreso a tormentare la vittima, nonostante la precedente sentenza di quattro mesi.
Le indagini, condotte con scrupolosità dai Carabinieri, sono state rese possibili dalla denuncia della vittima, che si è affidata all’assistenza legale dell’avvocato Chiara Rinaldi.
La vicenda è particolarmente significativa perché dimostra come la distanza temporale da un precedente episodio di stalking non costituisca una garanzia di cambiamento nel comportamento dell’aggressore.

L’emissione, a inizio luglio, della misura cautelare del divieto di avvicinamento, che imponeva al giovane di mantenere le distanze dalla ragazza e dai luoghi da lei frequentati – inclusi eventi sportivi legati alla Virtus Basket – si è rivelata, purtroppo, inefficace nel dissuadere le sue azioni.

L’elemento peculiare e allarmante che emerge dall’analisi dei fatti è la connessione tra lo stalking e l’ambiente del tifo calcistico.
Sembra che i contatti e le reiterate molestie siano spesso avvenute in prossimità o durante eventi sportivi, in particolare durante le partite della Virtus Basket.

Un episodio emblematico è quello in cui l’imputato ha atteso la vittima all’uscita del bagno del palazzetto dello sport, insistendo per un colloquio.
Questo dettaglio suggerisce che il contesto sportivo, con la sua concentrazione di persone e la possibilità di contatti in luoghi affollati, è stato sfruttato dall’aggressore per perpetrare le sue azioni.
La vicenda solleva interrogativi importanti sul ruolo della prevenzione e della rieducazione in caso di stalking.

La prima condanna, pur rappresentando una sanzione, non è stata sufficiente a modificare il comportamento dell’imputato, che ha continuato a perseguitare la vittima.

Si pone quindi l’urgenza di implementare strategie più efficaci per la gestione dei casi di stalking, che includano non solo la punizione giuridica, ma anche interventi mirati a modificare le convinzioni e i comportamenti dell’aggressore, e a fornire sostegno psicologico alla vittima.

L’incapacità di interrompere questo ciclo di molestie evidenzia una profonda falla nel sistema di tutela delle vittime e la necessità di un approccio multidisciplinare che coinvolga magistratura, forze dell’ordine, servizi sociali e psicologi.

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