Un caso di appropriazione indebita di fondi previdenziali ha portato alla denuncia a piede libero di una donna di 66 anni residente nel Ravennate, accusata di truffa aggravata nei confronti dello Stato.
La vicenda, intricata e protrattasi per anni, è stata ricostruita dai militari del Gruppo Ravenna, in seguito a una segnalazione dell’INPS e sotto la direzione della Procura locale.
Al centro della vicenda, l’erogazione continuativa di una pensione sociale di anzianità, spettante alla madre della donna, deceduta nel novembre 2015.
La dinamica fraudolenta si è manifestata con il reiterato prelievo degli accrediti pensionistici, avvenuti regolarmente sul conto cointestato madre-figlia, a causa della mancata comunicazione del decesso all’ente previdenziale.
Questa omissione ha consentito all’indagata di incassare, per un decennio, una somma complessiva stimata in circa 120.000 euro, rappresentando una significativa sottrazione di risorse destinate alla rete di sicurezza sociale.
Le indagini, caratterizzate da un’approfondita analisi dei flussi finanziari e un’accurata verifica delle informazioni anagrafiche, hanno rivelato una serie di elementi aggravanti.
In particolare, sono emerse prove di false dichiarazioni sostitutive, attestanti in maniera artificiosa l’esistenza in vita della madre.
Questi documenti, presentati con l’intento di perpetuare l’erogazione indebita della pensione, hanno contribuito a offuscare la reale situazione e a ingannare l’INPS.
La madre, in realtà, era stata sepolta in Marocco, nel cimitero del luogo di origine.
L’analisi trasversale dei dati anagrafici e dei movimenti bancari ha permesso agli inquirenti di quantificare con precisione l’importo percepito ingiustamente.
La scoperta ha portato all’emissione da parte del Tribunale di Ravenna di un provvedimento di sequestro preventivo, volto a recuperare le somme illecitamente acquisite.
Tale misura, oltre alla denuncia, ha comportato il blocco di denaro contante e il sequestro di un veicolo di lusso, una Mercedes intestata all’indagata, evidenziando come la frode abbia consentito un miglioramento patrimoniale ingiustificato.
Il caso solleva interrogativi sulla vigilanza dei sistemi di controllo previdenziali e sull’importanza di meccanismi più efficaci per la verifica dello stato di vita dei beneficiari di prestazioni sociali, al fine di prevenire future appropriazioni indebite e garantire l’equità nella distribuzione delle risorse pubbliche.