Il Castello Estense di Ferrara, simbolo di potere e storia, si apre al mondo contemporaneo accogliendo una retrospettiva monografica dedicata a Gianfranco Goberti (1939-2023), figura chiave del panorama artistico ferrarese e nazionale.
La mostra, promossa dalla Fondazione Ferrara Arte e dall’Amministrazione Comunale, offre un viaggio esaustivo attraverso l’evoluzione della sua ricerca, dispiegata in oltre cinquanta anni di attività, e si configura come un’occasione imperdibile per riscoprire l’originalità e la profondità del suo linguaggio pittorico.
La traiettoria artistica di Goberti si articola attorno a una riflessione costante sul rapporto tra realtà, immagine e percezione.
Dopo un iniziale approccio legato alla Nuova Figurazione, che segna una ripresa dell’immagine dopo la stagione dell’astrazione informale, l’artista sviluppa un linguaggio pittorico unico, caratterizzato dall’uso di specchi e motivi a righe – elementi iconici che lo contraddistinguono – per esplorare la complessa dialettica tra l’apparenza e la sua costruzione.
Non si tratta di una mera illusione ottica, ma di una disamina intellettuale sulla natura della rappresentazione e sulla sua capacità di ingannare o rivelare la verità.
L’originalità di Goberti risiede nella sua capacità di trascendere i confini della pittura tradizionale, integrando elementi estranei al linguaggio pittorico come la fotografia e oggetti reali, in un gioco di sovrapposizioni e riflessioni che destabilizzano la visione dello spettatore.
Questa ricerca, che lo porta a indagare la funzione dell’immagine e la sua relazione con l’identità, gli vale il prestigioso Premio Bolaffi nel 1979, riconoscimento confermato da un acuto critico come Gillo Dorfles, che ne sottolinea l’importanza nell’ambito dello studio dell’ambiguità visiva e della costruzione dell’illusione.
La sua attività non si limita alla pittura.
Goberti è anche un pedagogo attento, impegnato nella formazione di giovani artisti come docente di progettazione pittorica ed educazione visiva all’Istituto Dosso Dossi, di cui dirige anche l’istituto per un decennio.
Questo ruolo pedagogico riflette la sua volontà di trasmettere un approccio critico e consapevole alla creazione artistica.
Negli anni successivi, la pittura di Goberti si concentra sull’analisi di oggetti quotidiani – camicie, cravatte, divani, poltrone – elevati a simboli di un’indagine più profonda sul ruolo della linea come elemento strutturante e generativo.
In questo percorso, si affiancano i suoi celebri lavori dedicati alle corde, espressione di una ricerca formale rigorosa e suggestiva.
Lungi dalle derive del Bad Painting e del Neoespressionismo, Goberti recupera una figurazione post-concettuale, ancorata a una solida base tecnica e a una visione intellettuale raffinata.
Il percorso espositivo si conclude con i cicli pittorici nati a cavallo del nuovo millennio, che vedono il mito di Icaro assumere il ruolo di potente metafora della condizione umana, simbolo dell’ambizione, del desiderio di superare i propri limiti e, inevitabilmente, del rischio di caduta.
Questa ultima fase della sua produzione testimonia la capacità di Goberti di confrontarsi con temi universali, reinterpretandoli attraverso un linguaggio pittorico personale e inconfondibile, un lascito prezioso per le generazioni future.