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sabato 15 Novembre 2025

Radiohead a Bologna: un concerto epico dopo otto anni

BOLOGNA, 15 NOVEMBRE – Un’onda di attesa palpabile, sedimentata in otto anni di assenza dai palcoscenici italiani, si infrange in un’esplosione di entusiasmo quando le luci si affievoliscono all’Unipol Arena di Bologna.
I Radiohead sono tornati, inaugurando una tournée europea che si preannuncia come un evento cruciale per gli appassionati di rock progressivo e sperimentale.

La data bolognese, la prima italiana, fa seguito a quattro date di successo a Madrid, e si inserisce in un ciclo di quattro concerti sold-out a Casalecchio di Reno, testimonianza di un legame profondo con il pubblico italiano.
L’impostazione scenica è un organismo pulsante: un palco circolare, fulcro attorno al quale si muovono i membri della band, dominato da dodici schermi verticali che proiettano immagini suggestive, a tratti astratte, a tratti evocative di paesaggi urbani decadenti.
L’assenza di un tradizionale “dietro le quinte” enfatizza l’immediatezza e l’intimità del concerto, proiettando la band direttamente nel cuore dell’arena.
L’esecuzione musicale è un viaggio attraverso la discografia dei Radiohead, un percorso che esplora le profondità dell’animo umano con una combinazione di potenza sonora e delicata introspezione.

L’apertura con un brano estratto da “The Bends” introduce immediatamente l’energia propulsiva della performance, seguita da “2+2=5” e “Sit Down Stand Up”, che accendono la pista danzante.

Un sipario video, inizialmente opaco, si solleva gradualmente, rivelando la band e permettendo al pubblico di immergersi completamente nell’esperienza sonora e visiva.

La presenza di Chris Vatalaro alla batteria, in sostituzione di Clive Deamer, aggiunge una nuova sfumatura ritmica alla performance, pur mantenendo l’essenza del suono caratteristico dei Radiohead.
L’interpretazione di “Bloom” e “Lucky” mette in luce la forma fisica e la voce potente di Thom Yorke, che si muove agilmente tra chitarra e arrangiamenti complessi curati da Jonny Greenwood.
La successiva esplosione corale collettiva durante l’esecuzione di “Fake Plastic Trees” è un momento di catarsi condivisa, un’espressione di gratitudine e affetto reciproco.
Il concerto non si limita a riproporre i classici; l’inserimento di brani meno conosciuti, come “The Gloaming” e “There There” (con un forte accento su “Hail to the Thief”, l’album recentemente ripubblicato in versione live), arricchisce l’esperienza, offrendo scorci inediti del percorso artistico della band.
“No Surprises” assume un significato particolare, trasformandosi in un’occasione di dialogo diretto con il pubblico, grazie a un’interazione spontanea e sincera da parte di Yorke.
L’aggiunta di “Videotape” e l’interpretazione di “Arpeggi” con i cori di O’Brien aggiungono profondità e texture alla performance.

L’utilizzo del palco circolare consente a Yorke di interagire con il pubblico da diverse angolazioni, creando un senso di connessione più intenso.

La scaletta è meticolosamente studiata, con transizioni fluide tra brani energici e momenti di contemplazione.
“The National Anthem” e “Subterranean Homesick Alien” creano un’atmosfera surreale e ipnotica, mentre “Bodysnatchers” e “Idioteque” liberano un’energia liberatoria.
I supplementari, o “bis” come vengono comunemente chiamati, sono un vero e proprio regalo per il pubblico.
L’interpretazione acustica di “Fake Plastic Trees” è particolarmente emozionante, preparando il terreno per una performance travolgente di “Let Down” e “Paranoid Android”.

Gli assoli di chitarra di Greenwood si fondono con le acute di Yorke, creando un’esperienza sensoriale unica.

“You and Whose Army” evoca l’atmosfera malinconica di “Amnesiac”, mentre “Wolf at the Door”, raramente suonata in passato, assume un significato ancora più intenso.
L’esecuzione di “Just” chiude il cerchio, riportando la band all’inizio del viaggio musicale.

Il gran finale, con “Karma Police” che si fonde in un coro collettivo di voci, sigilla un concerto memorabile, un’esperienza che trascende la semplice esibizione musicale, elevandosi a un rituale di condivisione e comunione.
Due ore abbondanti di musica, un’esperienza catartica, la promessa di un altro viaggio musicale domani per altri quindicimila fortunati.

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