L’inizio del 2025 si presenta come un periodo di profonda riflessione per il tessuto industriale emiliano-romagnolo, segnato da una contrazione produttiva che prosegue il trend negativo del quarto trimestre del 2024.
Secondo le rilevazioni congiunturali elaborate da Unioncamere, Intesa Sanpaolo e Confindustria, il settore industriale primario registra un calo della produzione del 3,2%, accompagnato da una diminuzione del fatturato del 3%.
Un dato apparentemente contraddittorio è l’incremento, seppur modesto (+0,7%), delle esportazioni, suggerendo una possibile riallocazione dei mercati o una maggiore pressione sui prezzi di vendita all’estero.
La diminuzione degli ordini (-2,5%) e il tasso di utilizzo degli impianti, sceso al 72,8%, indicano una progressiva erosione della domanda e una riduzione della capacità produttiva effettiva, con un portafoglio ordini sufficiente a coprire solo 11,6 settimane di produzione – un indicatore preoccupante per la stabilità futura.
L’eterogeneità del panorama settoriale è un elemento chiave per comprendere la dinamica complessiva.
L’industria alimentare e delle bevande, con un fatturato in crescita (+1,3%), una produzione in aumento (+0,9%) e ordini in miglioramento (+0,6%), si erge come un’oasi di resilienza in un contesto altrimenti difficoltoso.
Questo risultato potrebbe essere attribuito a una domanda più stabile di beni essenziali, a una maggiore capacità di adattamento alle mutate esigenze dei consumatori o a strategie di pricing mirate.
Al contrario, i comparti della moda, della metallurgia e delle lavorazioni metalliche, e quello delle industrie meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, sono afflitti da una crisi più accentuata.
La moda, in particolare, subisce una pesante contrazione (ricavi -6,6%, produzione -5,9%, ordini -3,4%), riflettendo una potenziale riduzione della domanda di beni di lusso e una maggiore competizione sui mercati internazionali.
La crisi metallurgica, con cali significativi di fatturato (-4,7%) e produzione (-5,6%), è probabilmente correlata alla flessione del settore automotive e alla diminuzione degli investimenti infrastrutturali.
La disamina delle dimensioni aziendali rivela un’aggravamento delle difficoltà per le microimprese, che registrano un calo dell’attività del 4,3%, rispetto a un 3,4% per le imprese medio-grandi.
Questa disparità potrebbe essere legata a una maggiore vulnerabilità finanziaria e a una minore capacità di assorbire gli shock esterni per le aziende più piccole.
Il clima di incertezza permea l’intero sistema produttivo, ostacolando la programmazione degli investimenti e alimentando un orizzonte temporale di pianificazione sempre più lungo.
Come sottolinea Valerio Veronesi, presidente di Unioncamere Emilia-Romagna, la situazione richiede interventi urgenti e strutturali.
La riduzione dei costi energetici, la semplificazione delle procedure burocratiche per gli investimenti, il sostegno all’autoimprenditorialità delle PMI, la fidelizzazione dei giovani talenti e la trasformazione della formazione in competenze strategiche per le filiere produttive sono sfide cruciali per rilanciare la competitività e la resilienza del sistema industriale emiliano-romagnolo, in un contesto globale in rapida evoluzione e caratterizzato da crescenti tensioni geopolitiche e trasformazioni tecnologiche.
La capacità di rispondere a queste sfide determinerà il futuro del modello produttivo regionale.