L’Emilia-Romagna, una regione storicamente dinamica, si confronta con una metamorfosi demografica profonda e complessa, delineata dalle recenti analisi di Ires Emilia-Romagna.
I dati aggiornati all’inizio del 2025 rivelano una popolazione di 4.482.977 individui, in crescita marginale (+0,2%) rispetto all’anno precedente.
Questa modesta espansione non è frutto di un incremento naturale, bensì è interamente sostenuta da flussi migratori positivi, che compensano un saldo demografico naturale in netto declino e un tasso di natalità ai minimi storici.
L’invecchiamento della popolazione si configura come una sfida strutturale, un imperativo che ridefinisce le priorità per il futuro del lavoro, della protezione sociale e della transizione ecologica, come sottolineato Massimo Bussandri, segretario generale della Cgil Emilia-Romagna.
Non si tratta solo di una questione numerica, ma di un profondo cambiamento nel tessuto sociale ed economico, che impone una riflessione critica su modelli di sviluppo e politiche pubbliche.
L’analisi proietta uno scenario per il 2040 in cui gli anziani costituiranno quasi un terzo della popolazione regionale, evidenziando la necessità di ripensare i sistemi pensionistici, i servizi sanitari e le politiche di assistenza agli anziani.
Parallelamente, la popolazione straniera o di origine straniera, attualmente pari al 12,9% del totale, assume un ruolo cruciale nel mantenimento della capacità produttiva regionale.
Questa componente demografica, caratterizzata da una struttura per età più giovane e una maggiore partecipazione alla forza lavoro, contribuisce significativamente a contrastare il declino della popolazione attiva.
Tuttavia, la dinamica demografica non è priva di contraddizioni.
Cresce anche l’emigrazione, in particolare di giovani altamente qualificati, un fenomeno che impoverisce il capitale umano regionale e mette a rischio la competitività del territorio.
Questo “brain drain” richiede interventi mirati per incentivare la permanenza dei talenti e creare opportunità di crescita professionale.
La crisi abitativa rappresenta un altro nodo cruciale.
Il caro affitti e l’accessibilità limitata alla proprietà immobiliare frenano l’emancipazione giovanile, costringendo molti giovani a rimanere dipendenti dai genitori e ritardando la realizzazione di progetti personali e familiari.
Superare questa barriera richiede politiche abitative innovative, che favoriscano l’edilizia sociale, il controllo degli affitti e l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa.
In questo contesto di trasformazioni demografiche e sociali, si levano voci che invocano soluzioni semplicistiche e xenofobe, proponendo l’espulsione degli immigrati come panacea per i problemi economici.
Tali approcci, oltre ad essere eticamente inaccettabili, si rivelerebbero economicamente disastrosi, compromettendo la crescita del PIL e impoverendo la società.
È imperativo promuovere politiche di integrazione innovative, che valorizzino le competenze e le esperienze dei migranti, riconoscendo il loro contributo alla vitalità economica e culturale della regione.
L’integrazione non è un costo, ma un investimento nel futuro.






