La filiera cerealicola emiliano-romagnola si trova ad affrontare una congiuntura agraria particolarmente complessa, caratterizzata da un paradosso strisciante: una qualità del grano, misurabile in un peso specifico eccellente, che contrasta nettamente con una redditività sempre più compromessa.
La campagna di raccolta, ormai a conclusione, rivela un quadro allarmante, con rese che si attestano in media tra le 50 e le 60 quintali per ettaro, segnando un declino complessivo del 20% rispetto alle annate precedenti.
Questa diminuzione, particolarmente accentuata in Emilia rispetto alla Romagna, impone una riflessione urgente sul futuro di una coltura che rischia di diventare economicamente insostenibile per gli agricoltori.
La diminuzione della Plv (Prezzo Listino Vendita), con cali significativi dell’8,9% per il grano tenero e dell’8,3% per il duro, è un sintomo di una dinamica di mercato profondamente sbilanciata.
Sebbene la qualità intrinseca del prodotto sia elevata, i prezzi praticati non compensano i costi crescenti di produzione, che hanno subito un’impennata dovuta a fattori quali l’aumento dei prezzi dell’energia, dei fertilizzanti e dei mezzi di trasporto.
L’attuale situazione sta generando un’ondata di disaffezione da parte degli agricoltori, che si traducono in scelte produttive alternative.
L’abbandono degli ettari dedicati al grano tenero, con una contrazione dell’11,5% nell’ultimo anno, è un segnale chiaro di questo cambiamento di rotta.
Questo fenomeno non solo impoverisce il tessuto agricolo locale, ma incide negativamente sulla sicurezza alimentare e sulla diversificazione delle produzioni regionali.
L’analisi critica del presidente di Confagricoltura Emilia Romagna sottolinea un ulteriore elemento di criticità: la disparità di condizioni tra i produttori e le aziende trasformatrici.
Mentre i mulini e i pastifici beneficiano dell’opportunità di acquistare grano di alta qualità a prezzi vantaggiosi, gli agricoltori si trovano a fronteggiare perdite economiche crescenti, alimentando un circolo vizioso che rischia di compromettere la sostenibilità dell’intera filiera.
È imperativo, quindi, che si attivino interventi mirati a ristabilire un equilibrio più equo.
Ciò implica una revisione delle politiche di sostegno al settore primario, misure per la gestione dei rischi di mercato, investimenti in innovazione tecnologica e una maggiore attenzione alla valorizzazione dei prodotti locali.
Inoltre, è cruciale promuovere un dialogo costruttivo tra tutti gli attori della filiera, al fine di trovare soluzioni condivise e durature, che permettano di preservare la tradizione cerealicola emiliano-romagnola e garantire un futuro prospero per gli agricoltori.
La resilienza del settore agricolo dipende dalla capacità di adattarsi ai cambiamenti, innovare e collaborare per superare le sfide attuali e future.