L’eco del “Made in Italy”, da Torino a Borgo Panigale, risuona attraverso il roadshow nazionale della Made in Italy Community, un evento intitolato “Tradizione e Innovazione: l’eccellenza italiana si rinnova”.
Più che un semplice incontro, si è trattato di un’immersione profonda nel cuore pulsante di un’identità industriale in evoluzione, un’analisi critica delle sfide contemporanee e un’esplorazione di strategie per un futuro sostenibile.
L’apertura dei lavori, affidata a Patrizia Ciametti, Marketing Director di Ducati, ha evocado l’immagine di un marchio che trascende la mera produzione industriale per incarnare una passione globale, un’icona sportiva radicata in una storia di vittorie e innovazione tecnologica.
La scelta di Ducati, simbolo di eccellenza motoristica, sottolinea l’importanza del design, dell’ingegneria e della performance come elementi distintivi del Made in Italy.
Un dato significativo, presentato da Lara Puglisi di Tp Infinity, ha rivelato una forte propensione dei consumatori italiani a premiare l’autenticità: l’86% si dichiarerebbe disposto a sostenere una spesa superiore del 18% per un prodotto Made in Italy.
Questa preferenza, che alimenta settori come gastronomia, moda e turismo culturale, evidenzia un valore percepito legato alla qualità, alla tradizione artigianale e al patrimonio culturale italiano.
Tuttavia, questa stessa fiducia implica una responsabilità per le aziende: mantenere elevati standard etici e produttivi, evitando la banalizzazione del marchio attraverso imitazioni o pratiche scorrette.
Giuseppe Torre, coordinatore scientifico dell’Osservatorio 4.
Manager, ha inquadrato la questione in una prospettiva manageriale, sottolineando come la leadership e le competenze dirigenziali siano cruciali per navigare la complessa transizione generazionale e digitale che le imprese italiane stanno affrontando.
Questa transizione non è solo un aggiornamento tecnologico, ma un cambiamento culturale che richiede la capacità di attrarre e formare nuove figure professionali, di promuovere la collaborazione intergenerazionale e di adattarsi rapidamente alle mutevoli dinamiche del mercato globale.
L’intervento di Denis Bedeschi (Crisden) ha acceso un dibattito fondamentale sulla filiera produttiva, denunciando l’inadeguatezza del termine “fornitore” e promuovendo un approccio basato sulla collaborazione e sulla condivisione di valori.
La creazione di vere e proprie partnership strategiche, dove il know-how e la responsabilità si intersecano, è essenziale per garantire la resilienza e la competitività del sistema produttivo italiano.
La legalità, un tema spesso eluso ma di importanza capitale, è stata sottolineata come elemento imprescindibile per una crescita sostenibile e per la tutela dell’immagine del Made in Italy.
Giuseppina Gualtieri, presidente e AD di Tper, ha affrontato la sfida di trasformare anche le aziende pubbliche in modelli di efficienza e competitività, un processo che richiede una revisione dei processi decisionali, un maggiore focus sull’innovazione e una gestione trasparente delle risorse.
L’esempio di Tper dimostra che l’eccellenza non è appannaggio esclusivo del settore privato, ma può essere raggiunta anche attraverso una governance pubblica orientata ai risultati.
La conclusione, affidata a Roberto Santori, fondatore di Made in Italy Community, ha ribadito l’obiettivo di raccontare un’Italia in movimento, capace di coniugare tradizione e innovazione, radicamento culturale e visione internazionale.
La scelta di Bologna come location simbolica, crocevia di saperi artigianali, ricerca avanzata e ambizioni globali, sottolinea la volontà di costruire un racconto inclusivo e dinamico, capace di ispirare le future generazioni di imprenditori e creativi.
Il futuro del Made in Italy non è solo una questione di prodotti di lusso o di design all’avanguardia, ma un impegno collettivo per un’economia sostenibile, etica e socialmente responsabile.