L’Assegno di Inclusione (ADI) si presenta come un nodo cruciale nell’analisi delle politiche sociali italiane, sollevando profonde riflessioni sulla loro efficacia e sull’impatto sulle fasce più vulnerabili della popolazione.
L’esperienza diretta della Caritas, testimoniata dal Cardinale Matteo Zuppi, rivela una realtà complessa e spesso contraddittoria: un sistema che, pur mirando a contrastare la povertà, rischia di escludere coloro che ne hanno maggiormente bisogno.
Le famiglie piccole, i nuclei familiari privi di minori a carico, le persone con disabilità e gli anziani, insieme ai lavoratori poveri, si trovano ad affrontare ostacoli significativi nell’accesso a questo sostegno economico.
Questa situazione si traduce in una pressione crescente sulle risorse della Caritas, chiamata a colmare le lacune lasciate dal sistema, fornendo beni di prima necessità, assistenza alimentare, supporto per il pagamento di affitti e bollette, e aiuto nell’acquisto di materiale scolastico.
La riflessione del Cardinale Zuppi va oltre la semplice constatazione dell’emergenza.
Egli mette in discussione la tendenza a una progressiva restrizione dell’universalità del sostegno contro la povertà, sottolineando come questa scelta, apparentemente orientata a superare una logica assistenzialistica percepita come improduttiva, possa paradossalmente penalizzare i soggetti più fragili.
La necessità di un’analisi accurata e di una revisione dei criteri di accesso è impellente, per evitare che il desiderio di un welfare più efficiente si traduca in un aumento delle disuguaglianze.
L’ADI, se ridotto a una mera risposta emergenziale, rischia di compromettere la sua funzione più importante: quella di accompagnare le persone in difficoltà verso l’autonomia.
Un sistema efficace non deve solo fornire un aiuto temporaneo, ma deve favorire l’acquisizione di competenze, l’inserimento lavorativo e la ricostruzione di un percorso di vita dignitoso.
Il Cardinale Zuppi esprime poi la sua gratitudine all’INPS per il suo impegno nella ricerca di un sistema previdenziale che promuova l’uguaglianza e incoraggi la visione a lungo termine.
In un contesto sociale spesso dominato da logiche di forza e di imposizione, la previdenza e il welfare rappresentano un antidoto, un invito a superare l’opportunismo e a progettare un futuro più giusto e inclusivo.
Mettere in discussione il welfare significa mettere in discussione la nostra stessa capacità di costruire una società che si prenda cura dei propri membri più deboli, una società che sappia guardare al futuro con responsabilità e speranza.
La sfida è quella di conciliare l’efficienza del sistema con la sua capacità di abbracciare tutti coloro che ne hanno bisogno, senza lasciare indietro nessuno.