La mattinata di commemorazione della Marcia su Roma ha visto convergere a Predappio, il borgo natale di Benito Mussolini, un corteo di oltre mille persone, prevalentemente legate a frange neofasciste e nostalgiche del regime.
Un numero significativo, settecento solo sotto la supervisione della Questura, ha intrapreso la camminata che da Piazza Predappio si è diretta verso il cimitero di San Cassiano, luogo di sepoltura del Duce.
L’atmosfera, densa di simbolismo e retorica, è stata segnata dal rituale del saluto romano, un gesto che, nonostante gli appelli alla riflessione e all’empatia formulati dalla famiglia Mussolini – un invito a rivolgere lo sguardo al proprio cuore, a comprendere la complessità storica – ha visto, per l’ennesima volta, una parte dei presenti alzare il braccio teso in un’evocazione diretta del passato.
L’evento, organizzato come di consueto dalle pronipoti di Mussolini, ha assunto quest’anno una connotazione particolare con l’adesione esplicita di Forza Nuova, un’associazione politica di matrice neofascista, la cui presenza è stata simboleggiata dalla figura del leader Roberto Fiore.
Questo elemento ha ampliato lo spettro ideologico del raduno, rendendolo un punto di aggregazione per diverse anime del neofascismo italiano, un terreno fertile per la rielaborazione e la rivendicazione di identità politiche complesse e spesso controverse.
La commemorazione, al di là della retorica e delle manifestazioni simboliche, solleva interrogativi cruciali sulla memoria storica, sull’interpretazione del Fascismo e sulla persistenza di ideologie che, a distanza di decenni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, continuano a trovare terreno fertile nel panorama politico italiano.
La presenza di Forza Nuova, in particolare, evidenzia la necessità di un costante monitoraggio e di un dibattito pubblico costruttivo, volto a contrastare la rilettura selettiva del passato e a promuovere i valori di democrazia, libertà e inclusione.
L’invito della famiglia Mussolini, seppur apparentemente orientato verso un approccio più riflessivo, si confronta con la forza di simboli e gesti che, nella pratica, riaffermano un’eredità complessa e lacerante.








