mercoledì 3 Settembre 2025
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Gaza, un fiume di nomi: la Comunità Islamica rompe il silenzio.

L’eco del silenzio si fa assordante.
A Piacenza, la Comunità Islamica ha scelto un gesto potente: una pagina intera del quotidiano “Libertà”, curata dal Centro Documentale Italiano della Palestina Storica, per dare voce a una tragedia che rischia di essere anestetizzata dalla distanza e dall’abituale flusso di notizie.
Non un semplice annuncio, ma un manifesto di dolore e di memoria, un grido che squarcia la retorica della guerra.

La pagina, stampata in italiano e in arabo, reca l’elenco dei primi 1.326 bambini palestinesi strappati alla vita a Gaza.
Un elenco incompleto, una goccia nell’oceano di sofferenza che si estende ben oltre i 20.000 nomi già perduti, vittime di una violenza inaudita.
L’impatto visivo è devastante: un fiume di nomi, età, vite spezzate, che sfida la nostra coscienza collettiva.
La domanda lanciata con crudezza, “Dov’è finita la nostra memoria? Dove sono i nostri Giusti?”, è un’accusa diretta alla comunità internazionale, alle istituzioni, a ciascuno di noi.

“Mai più” era il giuramento solenne, il monito contro le barbarie del passato.

Ma “mai più” cosa? La domanda risuona come un’amara constatazione, un interrogativo che ci costringe a confrontarci con la nostra incapacità di prevenire l’orrore.

Come trasmetteremo alle future generazioni la verità di questi eventi, come spiegheremo loro l’indifferenza che ci ha permesso di assistere a un simile dramma?Le cifre amplificano la portata della catastrofe.
Immaginate le 200 ore necessarie per leggere ogni singolo nome, le 12 pagine fitte di giornale che servirebbero per contenerli tutti, lo spazio incommensurabile, simbolicamente rappresentato dall’impossibilità di accogliere tutti i corpi in uno stadio come San Siro.
Questi non sono semplici dati statistici, ma frammenti di umanità dispersi, anime perdute, speranze infrante.
Yassine Baradai, garante della Comunità Islamica di Piacenza, sottolinea che l’iniziativa del quotidiano è solo una delle molteplici azioni intraprese per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Un libro, in fase di pubblicazione, raccoglierà le storie e i nomi di tutte le vittime innocenti, un tentativo di umanizzare la tragedia, di restituire dignità a chi è stato privato di tutto.

La sua affermazione, “Non parliamo di numeri, ma di vite umane innocenti,” è un appello diretto alla nostra empatia, un invito a riconoscere in queste vittime non semplici statistiche, ma persone con sogni, speranze e affetti.
Un impegno a trasformare l’indifferenza in azione, il silenzio in grido di giustizia.
Un monito a non dimenticare, perché il ricordo è l’arma più potente contro la ripetizione dell’orrore.

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