Riflettere sul domani non implica cancellare la memoria del passato, bensì riconoscere come il confronto con le ferite, anche quelle inflitte, possa offrire un percorso di guarigione, non solo per chi ha agito, ma soprattutto per chi ha sofferto. Questa è l’essenza della giustizia riparativa, un approccio che sospende l’immediato giudizio di colpa, rinunciando alla logica della vendetta e abbracciando un cammino di riconciliazione e ricostruzione. Un concetto profondamente radicato nel pensiero del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo metropolita di Bologna e guida della Chiesa italiana, che ha recentemente partecipato ad Ascoli Piceno a un convegno dedicato a “Giustizia e speranza: carcere e territorio”, un’iniziativa promossa dalle diocesi locali e concepita come un varco verso una realtà carceraria spesso dimenticata.Il cardinale Zuppi ha posto l’accento sull’importanza cruciale della speranza nel contesto della detenzione, sottolineando come essa rappresenti la forza motrice per superare le avversità e per intravedere un futuro diverso. La speranza, infatti, non è un’illusione, ma un diritto fondamentale, un’esigenza ineludibile per ogni individuo, indipendentemente dalle proprie condizioni. Questo impegno è testimoniato anche dalle azioni concrete del Papa Francesco, che ha scelto di celebrare l’apertura del Giubileo all’interno del carcere di Rebibbia, un gesto simbolico volto a identificare il luogo primario da cui far ripartire la speranza, seguito da una visita, seppur flebile, al carcere di Regina Coeli.Per il cardinale Zuppi, la speranza per i detenuti si nutre di opportunità concrete: istruzione, lavoro, formazione professionale e un accompagnamento attento e personalizzato. Queste non sono semplici attività, ma strumenti essenziali per ricostruire l’identità, sviluppare competenze spendibili e preparare al reinserimento sociale. L’obiettivo non è solo quello di fornire una qualificazione professionale, ma anche di instillare un senso di dignità e di fiducia nelle proprie capacità, affinché, al momento del rilascio, l’individuo sia in grado di integrarsi attivamente nella società, contribuendo positivamente alla comunità. Si tratta di un processo complesso che richiede un impegno congiunto da parte delle istituzioni, delle associazioni di volontariato e della società civile, un approccio che promuova non solo la riabilitazione del detenuto, ma anche la costruzione di una giustizia più umana e inclusiva. La giustizia riparativa, in quest’ottica, si configura come un paradigma che mette al centro la persona, le sue ferite e la sua potenziale capacità di riscatto.
Giustizia riparativa e speranza: il pensiero di Zuppi per i detenuti.
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