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domenica 26 Ottobre 2025

Appello Iannelli-Cozzolino: la difesa replica, discussione rinviata

Il caso Iannelli-Cozzolino, segnato da una tragica escalation di rancori e culminato in un atto di violenza inaudita, è giunto alla fase di appello dinanzi alla Corte d’Assise di Sassari.

La richiesta di conferma della sentenza di primo grado, che aveva condannato Davide Iannelli all’ergastolo per l’omicidio volontario del vicino Tony Cozzolino, è stata reiterata dagli avvocati della parte civile, Giampaolo Murrighile, Massimo Perra e Antonio Fois.

La loro posizione, ferma e inamovibile, si oppone con decisione alle argomentazioni della difesa.

Il processo di primo grado, che si è protratto per settimane, ha delineato un quadro inquietante di rapporti conflittuali e tensioni latenti.
L’11 marzo 2022, Iannelli, in un atto premeditato e brutale, ha deliberatamente appiccato un incendio contro Cozzolino.
La scena, impressa nella memoria dei testimoni, ha visto l’aggressore avvicinarsi al suo vicino di casa, ignaro del pericolo imminente, e irrorarlo di benzina estrapolata da una bottiglia, per poi appiccare il fuoco con un accendino.

La fuga repentina di Iannelli ha lasciato Cozzolino in preda alle fiamme, trasformandolo in un “uomo torcia” in cerca disperata di aiuto.
L’intervento tempestivo dell’autista di un autobus, che ha utilizzato un estintore per cercare di domare le fiamme, ha parzialmente evitato una tragedia ancora più grave.
Tuttavia, le ustioni riportate da Cozzolino, che hanno interessato il 42% del suo corpo, in particolare aree vitali come viso, braccia e tronco, si sono rivelate fatali.
Il decesso, sopraggiunto dieci giorni dopo l’aggressione, ha sigillato un destino segnato dalla sofferenza e dalla perdita.
La difesa, rappresentata dagli avvocati Abele e Cristina Cherchi, ha sin dal primo grado sostenuto la tesi della legittima difesa, un’interpretazione controversa che ha generato un acceso dibattito durante il processo.

Questa argomentazione, che tenta di giustificare l’azione violenta di Iannelli come risposta a presunte aggressioni o minacce precedenti, si è scontrata con le prove raccolte dall’accusa e con la ricostruzione dei fatti presentata dalla parte civile.

La tesi della legittima difesa, per sua natura, richiede un’analisi approfondita del contesto preesistente all’atto violento, ma non cancella la premeditazione e la ferocia dell’azione compiuta.
La Corte d’Assise d’appello, chiamata a valutare nuovamente le prove e le argomentazioni presentate dalle parti, ha deciso di rinviare la discussione al 1° dicembre per consentire alle difese di replicare alle contestazioni mosse dalla pubblica accusa e dalla parte civile.
Questo rinvio suggerisce la complessità del caso e la necessità di un’attenta ponderazione prima di emettere una decisione definitiva.
La sentenza finale, prevista per quella data, determinerà la conferma o meno della condanna all’ergastolo e chiarirà il significato giuridico di un gesto così terribile e la sua collocazione all’interno del sistema di giustizia penale.

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