martedì 7 Ottobre 2025
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Arzachena, ergastolo per Michele Fresi: l’omicidio del padre Giovanni

La Corte d’Assise di Sassari ha emesso una sentenza definitiva che segna la conclusione, in primo grado, del processo contro Michele Fresi, il giovane di Arzachena responsabile della tragica perdita del padre Giovanni, orafo di 58 anni, avvenuta nella notte tra il 27 e il 28 dicembre 2023.
La condanna all’ergastolo, aggravata da un periodo di isolamento diurno di un anno e dall’obbligo di risarcimento danni a favore delle parti civili, rappresenta una risposta severa a un evento che ha profondamente scosso la comunità sarda.
Il percorso giudiziario è stato complesso, illuminando le ombre di una vicenda umana intrisa di dolore e sofferenza.
Il pubblico ministero Gregorio Capasso, pur riconoscendo elementi attenuanti legati alla condizione psicologica del figlio, aveva inizialmente richiesto una pena detentiva di trent’anni.
Tuttavia, la gravità delle azioni compiute, la premeditazione implicita nel possesso dell’arma contundente e la totale assenza di segni di pentimento hanno spinto la Corte a emettere la massima pena prevista dalla legge.
La notte dell’omicidio si configura come un drammatico culmine di una spirale di dipendenza.

Giovanni Fresi, animato da un istinto paterno e da un disperato tentativo di riportare il figlio alla ragione, si era recato ad Arzachena nel tentativo di calmare Michele, sopraffatto dagli effetti di un cocktail tossico di anfetamine, cocaina, allucinogeni e alcol.

Prima dell’intervento del padre, il giovane aveva già manifestato segni di squilibrio, maltrattando un’amica e seminando il panico con una mazza da legno.
Il tragico epilogo si è consumato con l’aggressione fatale al padre, un atto che ha interrotto bruscamente una vita e ha lasciato un vuoto incolmabile nella famiglia.

La difesa, rappresentata dall’avvocato Pierfranco Tirotto, aveva sollecitato un approccio più clemente, invocando la necessità di considerare la delicata condizione psicologica dell’imputato.
Questa prospettiva, tuttavia, si è scontrata con la ferma posizione degli avvocati Massimo Schirò, Giampaolo Murrighile e Jacopo Merlini, che rappresentano i familiari della vittima.

Questi ultimi, pur esprimendo rammarico per la severità della sentenza, hanno sottolineato la necessità di una risposta adeguata alla gravità del crimine.
“Come uomini di diritto, non gioiamo mai di una condanna così pesante, ma la situazione era troppo grave per essere gestita diversamente,” ha dichiarato l’avvocato Schirò, evidenziando l’assenza di qualsiasi segno di contrizione da parte del figlio.

La Corte ha inoltre disposto un risarcimento economico significativo a favore delle parti civili.
Anna Maria Cudoni, compagna della vittima, riceverà 366.000 euro, mentre l’ex fidanzata di Michele Fresi avrà diritto a 10.000 euro e ciascun carabiniere ferito durante l’episodio riceverà 2.000 euro.

La sentenza, oltre a rappresentare una risposta legale al crimine, si configura come un monito sulla devastante realtà della dipendenza e sulla necessità di interventi tempestivi e mirati per prevenire simili tragedie.

Il caso Fresi solleva interrogativi profondi sulle responsabilità individuali e sociali nel contrasto alla diffusione delle sostanze stupefacenti e nella tutela della salute mentale.

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