Nel cuore del nord Sardegna, a Bonorva, si è consumata una vicenda intricata che ha scosso la comunità e sollevato interrogativi profondi sul rapporto tra uomo, territorio e ambiente.
Un allevatore di mezza età, figura radicata nel tessuto sociale del paese, è stato posto agli arresti domiciliari in seguito a un’indagine condotta dal giudice per le indagini preliminari (GIP) Giuseppe Grotteria del Tribunale di Sassari.
Le accuse mosse all’uomo sono di natura gravissima: essere il responsabile di una serie di incendi dolosi che hanno devastato oltre 300 ettari di prezioso ecosistema sardo, un mosaico di pascoli, boschi e terreni agricoli.
La cronologia degli eventi, che si estende dalla scorsa estate fino a giugno-luglio di quest’anno, rivela una sequenza di atti distruttivi che hanno segnato il paesaggio con scie di fumo e cenere.
L’incendio del 15 luglio, il più recente degli episodi contestati, si è rivelato cruciale per l’avanzamento delle indagini.
L’uomo è stato sorpreso in flagranza di reato in prossimità del luogo dell’incendio, località Mula Menteda-Paule Renu.
Un controllo immediato ha permesso di rinvenire sulla sua persona un oggetto che, per caratteristiche e modalità di costruzione, risultava identico a quelli già ritrovati nei pressi degli incendi precedenti: un innesco improvvisato, una sigaretta con un fiammifero infilzato, avvolto in carta usata per gli scontrini, un dettaglio che ne suggeriva l’intenzionalità e la premeditazione.
L’attenzione delle autorità forestali era stata attirata dall’uomo già da tempo, grazie all’analisi scrupolosa delle immagini riprese da due telecamere di sorveglianza installate lungo la strada provinciale 43, arteria principale da cui parevano originarsi gli incendi.
L’uomo, con la sua auto, transitava costantemente nelle vicinanze dei focolai, quasi puntualmente, dieci minuti prima dell’irrompere delle fiamme, un pattern sospetto che alimentava i sospetti.
Per confermare queste deduzioni, gli inquirenti hanno optato per un’azione di intelligence più sofisticata: l’installazione di un localizzatore satellitare sull’auto dell’indagato, permettendo di monitorare i suoi spostamenti e confermare la sua presenza nei pressi dei luoghi degli incendi.
La vicenda solleva questioni complesse che vanno al di là della semplice accusa di incendio doloso.
L’azione di appiccare incendi, soprattutto in un contesto come quello sardo, dove la siccità e le temperature elevate rappresentano un pericolo costante, può essere interpretata come un atto di profondo disamore verso il territorio, una forma di distruzione che colpisce non solo l’ambiente, ma anche l’economia e la cultura di una comunità.
Le motivazioni alla base di un gesto simile potrebbero essere diverse: interessi economici legati all’ottenimento di indennizzi, vendette personali, o, ancora, una forma di protesta radicale contro le politiche ambientali o lo sfruttamento del territorio.
L’avvocato difensore dell’uomo, Fabrizio Manai, ha dichiarato l’innocenza del suo assistito, sostenendo la sua estraneità ai fatti contestati.
Il processo che ne verrà fuori sarà cruciale per accertare la verità e far luce su una vicenda che ha profondamente scosso la comunità di Bonorva e sollevato interrogativi fondamentali sul rapporto tra l’uomo e il territorio che lo circonda.