L’eco di un’accusa pubblica, amplificata dai media, ha trasformato un evento privato in un caso giudiziario di rilevanza nazionale, mettendo a dura prova l’equilibrio e la reputazione di Edoardo Capitta, un allenatore di calcio dilettantistico genovese.
Durante l’udienza, l’avvocato difensore, Mariano Mameli, ha denunciato la gravità di un’offesa mediatica che ha esposto Capitta a un’ondata di insulti e stigmatizzazioni, culminate in appellativi infamanti urlati dagli spalti.
La mancanza di un incidente probatorio, una procedura volta ad accertare i fatti in modo dettagliato e controllato, è stata sottolineata come un’ulteriore omissione che ha pregiudicato la difesa.
Il fulcro del dibattimento ruota attorno agli eventi accaduti nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019, in un’abitazione che si è trasformata in scenario di un complesso intreccio di accuse e contro-narrazioni.
La difesa, con forza, ha sostenuto che l’incontro tra gli individui coinvolti si è svolto nel quadro di un consenso reciproco, negando qualsiasi forma di coercizione o manipolazione.
La tesi difensiva si pone, dunque, in netta contrapposizione all’immagine di una violenza subita, proiettata dall’accusa e amplificata dai canali di comunicazione.
L’avvocato Gennaro Velle, affiancato dalla collega Antonella Cuccureddu, ha espresso la convinzione che il collegio difensivo abbia fornito al tribunale un quadro completo delle circostanze, offrendo argomentazioni solide e motivazioni precise che auspicano un verdetto di assoluzione.
La complessità del caso emerge dalla pluralità di versioni contrastanti, un elemento che complica la ricostruzione degli eventi e rende più ardua la definizione della verità processuale.
La testimonianza della giovane donna, unica testimone diretta, si rivela cruciale, ma la sua mancata audizione in una fase preliminare ha generato interrogativi e sospetti.
L’avvocato Cuccureddu ha evidenziato come le tre versioni contrastanti – quella della giovane, quella degli imputati (comprendendo l’amica), e quella della pubblica accusa e della parte civile – si siano scontrate, creando un mosaico frammentato e contraddittorio.
L’accusa, infatti, sembra aver isolato porzioni della narrazione della giovane, reinterpretandole per costruire un racconto alternativo che supporti l’ipotesi di una violenza.
Questa selezione selettiva della verità, a discapito di un’analisi contestuale e olistica, solleva interrogativi sull’imparzialità dell’indagine e sulla correttezza del processo.
La difesa, pertanto, si appella alla necessità di una valutazione approfondita di tutte le testimonianze e degli elementi probatori, al fine di ricostruire con accuratezza gli eventi e garantire un giudizio equo e basato sui fatti.
Il caso, oltre a configurare un dramma umano e personale, pone quindi rilevanti interrogativi sul ruolo dei media, sulla delicatezza della gestione delle accuse di natura sessuale e sulla necessità di salvaguardare il diritto alla difesa e alla riabilitazione per chi è oggetto di un’accusa pubblica.