La decisione della Corte Costituzionale rappresenta un punto di arresto significativo per la riforma del sistema sanitario sardo, un intervento che interviene direttamente su una manovra legislativa promossa dalla giunta Todde e segna un’ulteriore tappa nelle dinamiche politiche che animano la regione.
La sentenza n. 198/2025, depositata oggi, invalida due articoli chiave della legge regionale n. 8 del 2025, gettando ombre sulla strategia di riorganizzazione intrapresa e sollevando interrogativi sulla legittimità dei poteri commissariali temporanei.
L’incostituzionalità dell’articolo 6 si radica nella violazione del principio di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall’articolo 97 della Costituzione.
Il termine di 60 giorni concesso al nuovo direttore generale per confermare o sostituire i direttori amministrativi, sanitari e dei servizi socio-sanitari appare, agli occhi della Consulta, eccessivamente discrezionale.
Conferire a un nuovo dirigente il potere di interrompere mandati in essere senza prevedere procedure trasparenti e valutazioni oggettive, rischia di compromettere l’equità e la continuità dell’azione amministrativa, introducendo elementi di arbitrio che non sono ammissibili in un sistema che aspira alla legalità.
Ancora più incisiva è la pronuncia relativa all’articolo 14, che disciplina il commissariamento straordinario delle aziende sanitarie, ospedaliere e ospedaliero-universitarie.
La Corte Costituzionale ha ritenuto illegittima la previsione di una decadenza automatica dei direttori generali in carica, in quanto contrasta con l’articolo 117, comma 3, della Costituzione, che attribuisce competenza legislativa esclusiva allo Stato in materia di tutela della salute.
Questa disposizione, inoltre, si pone in contrasto con il decreto legislativo 171/2016, che regola la governance delle aziende sanitarie e non contempla l’automatismo nella rimozione dei vertici.
L’intervento della Corte evidenzia come la riforma regionale abbia superato i limiti della legittimità, assumendo una natura eccessivamente invasiva e potenzialmente destabilizzante per il sistema sanitario.
La legge regionale era stata contestata dal Governo, il quale aveva sollevato dubbi sulla compatibilità di tale meccanismo con la normativa nazionale, denunciando l’adozione di una forma di “spoils system” – pratica che prevede la rimozione di funzionari pubblici a seguito di un cambio di governo – in contrasto con i principi di continuità e trasparenza.
La vicenda ha inoltre accentuato le fratture all’interno della coalizione di governo “campo largo”, con il Partito Democratico che ha apertamente manifestato il proprio dissenso, rifiutando di partecipare all’approvazione dei commissari e denunciando lacune tecniche e giuridiche nel testo legislazione.
Questa opposizione interna testimonia le difficoltà incontrate dalla giunta Todde nel perseguire una riforma percepita come imposta e priva di un ampio consenso politico.
La sentenza della Corte Costituzionale non solo blocca l’attuazione della legge, ma costringe la giunta a riconsiderare l’intero approccio alla riorganizzazione del sistema sanitario, aprendo a un nuovo dibattito sulle modalità più appropriate per garantire l’efficienza, l’equità e la sostenibilità del servizio pubblico.






