La provincia di Oristano, cuore pulsante dell’allevamento sardo, sta affrontando una sfida cruciale per la salute del suo patrimonio zootecnico: la prevenzione della dermatite bovina, nota anche come febbre cattopecurolare.
Una campagna vaccinale su larga scala, avviata il 28 luglio, sta rapidamente coinvolgendo gli allevamenti distribuiti in un ampio territorio che spazia dal Campidano al Montiferru, passando per la Planargia, il Guilcier, il Barigadu, la Marmilla e il Sarcidano.
Ad oggi, circa 20.000 capi di bestiame, provenienti da 254 allevamenti, hanno ricevuto la vaccinazione, rappresentando una fetta significativa del totale di 60.000 bovini presenti in provincia.
Questo risultato, che supera le previsioni iniziali, testimonia l’impegno congiunto di veterinari e allevatori, uniti nell’obiettivo di salvaguardare la salute degli animali e la sostenibilità del settore primario.
Il direttore del servizio veterinario, Enrico Vacca, sottolinea come la rapidità di esecuzione della campagna sia un elemento chiave.
L’anticipazione al virus, in un territorio fino ad ora considerato immune, è strategica per evitare un’eventuale diffusione incontrollata della malattia, con conseguenti ripercussioni economiche e sanitarie.
La dermatite bovina, infatti, è una patologia virale altamente contagiosa, trasmessa principalmente da vettori come zecche e tafani, che può causare febbre alta, lesioni cutanee, e in alcuni casi, anche la morte degli animali.
Giuseppe Sedda, responsabile del servizio veterinario di igiene degli allevamenti, evidenzia un aspetto fondamentale: la vaccinazione, pur rappresentando una misura preventiva cruciale, deve essere integrata con un approccio olistico basato su rigorose misure di biosicurezza.
Si tratta di un insieme di pratiche volte a ridurre al minimo la presenza degli insetti vettori, agendo su diversi fronti: controllo della vegetazione infestante, gestione dei rifiuti organici, disinfezione degli ambienti e degli attrezzi, e implementazione di sistemi di protezione per gli animali.
L’obiettivo finale è la creazione di una sorta di “barriera protettiva”, un microambiente controllato all’interno degli allevamenti in cui la carica virale e la presenza di agenti patogeni (virus, batteri e funghi) siano drasticamente ridotte.
Questo approccio, che combina la prevenzione attiva con la gestione ambientale, non solo contribuisce alla protezione del bestiame dalla dermatite bovina, ma rafforza anche la resilienza degli allevamenti di fronte ad altre potenziali minacce sanitarie e ambientali, promuovendo un modello di produzione zootecnica sostenibile e responsabile.
La collaborazione costante tra istituzioni, veterinari e allevatori si configura quindi come il pilastro fondamentale per il successo di questa iniziativa e per la tutela del futuro del settore agroalimentare sardo.