La Sardegna si trova ad affrontare una sfida demografica ed economica di notevole portata: la progressiva emigrazione dei suoi giovani laureati, un fenomeno che sta impoverendo il capitale umano dell’isola e solleva interrogativi sulla sua capacità di crescita e innovazione.
I dati recenti, elaborati dal Centro Studi di CNA Sardegna sulla base delle statistiche ISTAT e delle indagini Almalaurea, delineano un quadro preoccupante, ma anche ricco di spunti per azioni strategiche.
Il saldo migratorio negativo, che quantifica la differenza tra l’uscita e l’entrata di residenti, si attesta a livelli allarmanti: poco meno di sedici laureati tra i 25 e i 39 anni abbandonano la Sardegna per cercare fortuna altrove ogni mille abitanti.
Questo posiziona l’isola ottava in Italia per questo indicatore negativo, superando solo alcune regioni del Mezzogiorno.
Al contrario, regioni come Trentino Alto Adige, Lombardia ed Emilia Romagna, caratterizzate da un tessuto economico più dinamico e attrattivo, registrano flussi positivi di giovani talenti.
Questo esodo non è un evento recente, ma il culmine di un processo iniziato durante gli anni universitari.
Un numero crescente di studenti sardi sceglie di proseguire gli studi fuori regione, spesso con l’intenzione di rimanere lontano una volta conseguita la laurea.
I dati del MIUR evidenziano un aumento significativo degli studenti fuori sede, passando da un 11,4% nel 2011/2012 a un preoccupante 16,2% nell’anno accademico 2023/2024.
Parallelamente, il numero di studenti residenti negli atenei sardi si è drasticamente ridotto, con una perdita di oltre dodicimila unità in poco più di un decennio.
Questa inversione di tendenza nella mobilità studentesca contribuisce ad aggravare il declino demografico complessivo, poiché la popolazione in età universitaria (19-24 anni) ha subito una contrazione di quasi ventimila unità dal 2011 al 2024.
L’analisi dei laureati di secondo livello rivela una tendenza ancora più marcata: la percentuale di laureati che si trasferisce fuori Sardegna aumenta progressivamente con il tempo trascorso dalla laurea, raggiungendo quasi il 20% dopo cinque anni.
Questo dato sottolinea come l’esperienza lavorativa iniziale, spesso caratterizzata da precarietà e mancanza di opportunità, spinga i giovani talenti a cercare migliori prospettive altrove.
Le difficoltà del mercato del lavoro sardo, incapace di offrire posizioni adeguate per le competenze dei laureati, sono al centro delle preoccupazioni espresse da Luigi Tomasi e Francesco Porcu di CNA.
Il tessuto produttivo dell’isola, con la sua vocazione tradizionale e la difficoltà ad abbracciare l’innovazione, non riesce ad assorbire il capitale umano formato nelle università di Cagliari e Sassari.
Questo costringe molti giovani a ricorrere a lavori meno qualificati o a emigrare verso regioni con un’economia più dinamica e orientata al futuro.
La sfida per la Sardegna è quindi duplice: non solo trattenere i talenti esistenti, ma anche attrarre nuove competenze dall’esterno.
Luigi Tomasi e Francesco Porcu individuano tre aree di intervento prioritarie:* Potenziare il trasferimento tecnologico: creare ponti più solidi tra il mondo accademico e il mondo delle imprese, facilitando l’applicazione della ricerca scientifica in contesti produttivi.
* Attrarre investimenti innovativi: stimolare la creazione di nuove imprese ad alto valore aggiunto, capaci di offrire opportunità di lavoro qualificate e ben remunerate.
* Programmi di rientro talenti: sviluppare incentivi mirati a favorire il ritorno dei giovani sardi all’estero, offrendo loro percorsi di carriera stimolanti e progetti lavorativi concreti.
Solo attraverso un approccio strategico e integrato, che coinvolga istituzioni, università, imprese e la stessa comunità locale, la Sardegna potrà invertire questa tendenza preoccupante e garantire un futuro prospero per le nuove generazioni.
Il capitale umano è la risorsa più preziosa di un territorio, e la sua dispersione rappresenta una perdita irreparabile per l’intero sistema Sardegna.