Indagini sulla morte di Giovanni Marchionni: emergenza di monossido di carbonio a bordo e sospetti di lavoro neroUn’indagine tecnica approfondita, disposta dalla Procura di Tempio Pausania, ha rivelato la presenza di concentrazioni anomale di monossido di carbonio (CO) a bordo dell’imbarcazione sul quale ha perso la vita Giovanni Marchionni, il giovane marinaio originario di Bacoli deceduto l’8 agosto a Portisco, in Costa Smeralda.
La scoperta, avvenuta durante un sopralluogo eseguito ieri sera, assume un’importanza cruciale nel tentativo di ricostruire le cause del decesso e rafforza l’ipotesi di un incidente sul lavoro, con possibili implicazioni di natura lavorativa irregolare.
La perizia, condotta con i motori in funzione e l’impianto di condizionamento attivo – condizioni deliberate per simulare l’ambiente operativo in cui avrebbe operato la vittima – ha focalizzato l’attenzione sulle batterie di alimentazione situate nella zona della prua, in prossimità della cabina dove è stato ritrovato il corpo di Marchionni.
Un’analisi specifica di una batteria, destinata all’azionamento di un’elica di prua, ha evidenziato emissioni di CO che hanno superato i livelli di soglia stabiliti, sia nel vano tecnico che all’interno della cabina stessa.
Questa concentrazione anomala del gas, un prodotto della combustione incompleta, rappresenta un fattore di rischio significativo per la salute umana, potendo provocare intossicazioni gravi e, in casi estremi, la morte.
L’avvocato Maurizio Capozzo, legale della famiglia Marchionni, ha sottolineato come questo elemento tecnico, se confermato dagli esami tossicologici disposti nell’ambito dell’autopsia, rappresenterebbe una prova sostanziale a supporto della tesi dell’intossicazione acuta come causa primaria del decesso.
L’attenzione si concentra ora sull’analisi dei campioni biologici prelevati durante l’autopsia, i cui risultati saranno determinanti per accertare la presenza di CO nel sistema circolatorio della vittima e quantificarne il livello.
Parallelamente all’indagine tecnica, la Procura di Napoli, delegata dalla Procura sarda, ha proceduto all’audizione di numerosi testimoni che conoscevano Giovanni Marchionni, nell’ottica di verificare la sua condizione lavorativa.
Le prime indicazioni, corroborate anche dai familiari del giovane, suggeriscono che Marchionni potesse essere impiegato in nero dall’armatrice dell’imbarcazione di Bacoli.
Questa ipotesi solleva interrogativi sulla regolarità del rapporto di lavoro e sulla potenziale violazione delle normative in materia di sicurezza sul lavoro.
L’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) ha avviato una propria inchiesta, sia a Bacoli che in Sardegna, per accertare le dinamiche del rapporto lavorativo di Giovanni Marchionni e verificare il rispetto delle norme di sicurezza.
Un ispettore dell’ente è stato incaricato di effettuare tutte le verifiche necessarie per ricostruire il contesto lavorativo e le condizioni di sicurezza in cui operava il giovane.
Un team multidisciplinare di esperti, composto dall’ingegnere Giuseppe Salvatore Mangano per la Procura, dagli ingegneri Antonio e Filippo Scamardella e Sebastiano Ackermann per la famiglia Marchionni, e dall’ingegnere Massimo Simeone per la proprietaria dell’imbarcazione, continuerà ad analizzare i sistemi di alimentazione dell’imbarcazione.
La loro indagine si concentrerà sull’accertamento della data di installazione delle batterie, verificando se fossero state montate dal cantiere navale originale o in un momento successivo.
Questa informazione è cruciale per comprendere se le batterie in questione fossero conformi alle specifiche di sicurezza previste e se fossero state sottoposte a controlli periodici.
Si prevede che i risultati definitivi della perizia tecnica e dell’autopsia saranno depositati entro novanta giorni.
Attualmente, il procedimento penale è iscritto a carico di persone sconosciute, ma non si escludono sviluppi significativi nei prossimi giorni, che potrebbero portare all’identificazione dei responsabili di eventuali irregolarità o negligenze.
La vicenda solleva interrogativi importanti sulla sicurezza sul lavoro, la tutela dei diritti dei lavoratori e la necessità di controlli più rigorosi in materia di impiego irregolare.