mercoledì, 16 Luglio 2025
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Osilo, mamma condannata: sei anni e otto mesi per l’abbandono del neonato.

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La vicenda di Osilo, avvolta nella tragicità di un gesto incomprensibile, si è conclusa con la condanna a sei anni e otto mesi di reclusione per la giovane madre trentenne, protagonista di un evento che ha scosso profondamente la comunità.
Il 18 ottobre 2023, la donna, in seguito ad un parto segreto consumatosi tra le mura domestiche, abbandonò il neonato sotto un’auto parcheggiata, in una dinamica che solleva interrogativi complessi sulla salute mentale, le dinamiche familiari e le reti di supporto sociale.
La sentenza, emessa dal giudice unico del tribunale di Sassari, Sergio De Luca, nel quadro di un rito abbreviato, pone fine a un iter giudiziario articolato, segnato da contrasti di valutazione e rimedi giurisdizionali.
La richiesta di condanna avanzata dal pubblico ministero Maria Paola Asara, che aspirava a una pena più severa di dieci anni, si è scontrata con le argomentazioni difensive degli avvocati Elisa Caggiari e Pietro Fresu, i quali avevano tentato di ottenere una riqualificazione del reato in abbandono di minore, una figura giuridica meno afflittiva rispetto al tentato omicidio.
La ricostruzione dei fatti rivela un quadro angosciante: la giovane donna, non scoperta nella sua condizione di gravidanza dalla madre, partorì in segreto, per poi compiere il gesto estremo di abbandonare il piccolo.

La madre, all’insaputa dell’accaduto, scoprì il pianto del neonato, trovandolo in stato di ipotermia sotto l’auto.

L’intervento tempestivo dei soccorsi del 118 permise di trasportare il bambino all’ospedale di Sassari, dove ricevette le cure necessarie e la sua vita fu salvata.

La madre stessa fu ricoverata e successivamente arrestata.

Il percorso giudiziario fu caratterizzato da una prima decisione del giudice per le indagini preliminari, che derubricò l’accusa da tentato omicidio ad abbandono di minore, consentendo alla donna di tornare in libertà.
Successivamente, il giudice del Riesame, accogliendo l’impugnazione della Procura, riqualificò l’imputazione in tentato omicidio, mantenendo però la donna agli arresti domiciliari.
La successiva scelta del rito abbreviato, con la conseguente concessione di benefici procedurali, ha portato alla sentenza definitiva odierna.

Oltre all’aspetto squisitamente giuridico, la vicenda solleva interrogativi cruciali sulla salute mentale della donna, sulle possibili disfunzioni familiari che potrebbero aver contribuito a questo gesto disperato, e sulla necessità di rafforzare i servizi di supporto per le donne in difficoltà, con particolare attenzione alla prevenzione della maternità indesiderata e alla tutela dei neonati.

La vicenda di Osilo è un monito per l’intera comunità, un invito a riflettere sulle fragilità umane e sull’importanza di costruire una rete di solidarietà in grado di accogliere e sostenere chi si trova in condizioni di vulnerabilità.

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