L’estate, stagione di gioia e riposo, rivela in Sardegna una frattura sociale profonda: la povertà.
Lungi dall’essere un mero dato statistico, essa incide pesantemente sulla vita di un numero inaccettabile di famiglie e individui, dipingendo un quadro complesso di disuguaglianze che richiedono un’azione urgente e strutturale.
Le Acli Sardegna, con la loro consueta lucidità, sollevano l’allarme, evidenziando come l’Isola si collochi al settimo posto in Italia per incidenza di povertà relativa (15,9%), un dato che si traduce in quasi 120.000 nuclei familiari in difficoltà e circa 270.000 persone che faticano a soddisfare i bisogni primari.
Ancora più drammatica è la condizione di povertà assoluta, che affligge il 10,5% delle famiglie sarde, pari a circa 180.000 persone.
Questo dato non è semplicemente un numero, ma rappresenta la privazione di beni e servizi essenziali, l’impossibilità di accedere a opportunità di crescita e la vulnerabilità a shock economici imprevisti.
La recente polemica sui costi delle vacanze estive e l’impossibilità per molte famiglie di offrire ai propri figli esperienze formative e ricreative, è un sintomo tangibile di questa realtà.
Negare a un bambino l’opportunità di un’esperienza estiva, un momento di crescita e socializzazione, significa perpetuare un circolo vizioso di marginalizzazione.
L’esperienza del Reddito di Inclusione Sociale (ReIS) ha rappresentato un passo avanti, permettendo a 27.000 famiglie sarde di beneficiare di un sostegno economico.
Tuttavia, l’efficacia di questo strumento è stata spesso limitata dalla scarsa integrazione con servizi di accompagnamento e dalla difficoltà nel promuovere percorsi di inclusione duraturi.
Il sostegno monetario, da solo, non basta a spezzare le catene della povertà; è necessario un approccio olistico che coinvolga istruzione, formazione professionale, politiche attive del lavoro, sviluppo imprenditoriale e politiche di sviluppo economico locale.
Le Acli Sardegna propongono un modello di welfare mirato a sei interventi strategici.
Innanzitutto, è fondamentale riattivare i processi di programmazione degli Ambiti Plus, le Unità Territoriali che dovrebbero coordinare le politiche sociali a livello locale.
In secondo luogo, è cruciale favorire una maggiore integrazione tra le diverse politiche sociali, superando la frammentazione e la duplicazione degli interventi.
La legge sui Reis prevede l’istituzione di Comitati di Garanzia Locale che spesso rimangono inattivi, e la loro attivazione rappresenta una priorità.
È altresì necessario massimizzare l’utilizzo dei fondi comunitari, orientandoli verso progetti concreti di inclusione sociale.
La co-progettazione e la co-programmazione con il Terzo Settore, un attore chiave nel contrasto alla povertà, devono essere incentivati.
Infine, l’integrazione con le misure nazionali di sostegno al reddito, come il Reddito di Cittadinanza, deve essere rafforzata, per evitare sprechi e massimizzare l’impatto degli interventi.
La sfida è complessa, ma non insormontabile.
Richiede un cambio di paradigma, un impegno politico concreto e una visione di lungo periodo.
La povertà non è una fatalità, ma una condizione che può essere contrastata con politiche mirate, investimenti strategici e una forte volontà di cambiamento.
L’estate, con la sua luce e la sua bellezza, ci ricorda che tutti hanno diritto a una vita dignitosa e a un futuro di speranza.