La vicenda che scuote la Gallura si evolve: Emanuele Ragnedda, imprenditore quarantunenne di Arzachena, ha formalmente rinunciato alla presentazione di un ricorso al Riesame, precludendosi così la possibilità di contestare la sua attuale detenzione cautelare.
La decisione, comunicata dal suo avvocato Luca Montella, segna un punto fermo in un’indagine complessa e macchinosa, che mira a fare luce sugli eventi tragici che hanno portato alla morte di Cinzia Pinna, trentaquattrenne residente a Castelsardo.
L’udienza, inizialmente programmata per valutare la possibilità di revocare la custodia preventiva, non si è tenuta, sottolineando la scelta di Ragnedda di non opporsi alla detenzione, almeno per il momento.
Tuttavia, la vicenda non si limita a questo: le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Tempio Pausania sotto la direzione del procuratore Gregorio Capasso e con il contributo del pm Noemi Mancini, proseguono a ritmo serrato, focalizzandosi sulla ricostruzione dettagliata delle dinamiche avvenute nel casolare di ConcaEntosa, un luogo isolato tra Palau e Arzachena, nella notte fatidica tra l’11 e il 12 settembre.
Un elemento cruciale sarà fornito da un nuovo sopralluogo, in programma per la prossima settimana, condotto dall’anatomopatologo Salvatore Lorenzoni, lo stesso che ha eseguito l’autopsia sul corpo di Cinzia Pinna.
Questo intervento tecnico si prefigge di confrontare direttamente le conclusioni derivanti dall’esame autoptico con i risultati dei rilievi balistici precedentemente effettuati.
Le discrepanze emerse tra la confessione di Ragnedda e le evidenze scientifiche raccolte sul luogo del crimine stanno progressivamente erodendo la solidità della sua versione dei fatti, alimentando interrogativi e potenziali revisioni delle accuse.
Oltre alla ricostruzione della dinamica omicidaria, l’attenzione degli inquirenti è rivolta a un aspetto delicato e potenzialmente rilevante: le presunte operazioni di pulizia effettuate nel casolare nei giorni successivi all’omicidio.
Questa indagine ha portato alla notifica di indagine per favoreggiamento a due persone: Luca Franciosi, giovane originario della Lombardia, e Rosa Maria Elvo, residente a San Pantaleo.
Le loro possibili complicità e il loro ruolo nella rimozione di tracce compromettenti potrebbero fornire elementi decisivi per un quadro più completo della vicenda, sollevando interrogativi sulla reale estensione della rete di persone coinvolte in questo dramma che ha profondamente scosso la comunità sarda.
La ricerca della verità si fa sempre più complessa e intricata, tra confessioni, silenzi e indizi da interpretare.







