Il caso di Emanuele Sircana, oggi ventenne, segna una tappa complessa nel sistema giudiziario minorile sarda, con la decisione della Giudice per i Minorenni di Sassari, Elisa Marras, di procedere con un rito abbreviato – un giudizio immediato – per l’omicidio di Mario Sedda, avvenuto a Porto Torres nel marzo 2021.
La scelta di procedere in questa forma, data la gravità dei fatti e il lasso di tempo trascorso, riflette la necessità di accelerare i tempi, considerando che Sircana, all’epoca del decesso di Sedda, aveva solo diciassette anni.
La prima udienza è stata fissata al gennaio 2026, data che testimonia la mole di indagini e la complessità delle dinamiche da chiarire.
L’imputato è assistito dall’avvocata Alessandra Delrio, la quale ha subito espresso riserve sull’accusa, sostenendo la possibile responsabilità concorsuale di altri soggetti e contestando il capo d’accusa relativo al vilipendio di cadavere con sostanze corrosive.
La vicenda si infittisce ulteriormente a seguito dell’esito dell’accertamento tecnico irripetibile (ATI), un’analisi cruciale in sede di indagine che, a quanto pare, non ha rilevato tracce di sostanze chimiche sul corpo della vittima, mettendo in discussione la validità di tale capo d’imputazione, basato principalmente sulle dichiarazioni di testimoni chiave.
Quest’assenza di riscontri scientifici solleva interrogativi significativi sulla credibilità delle testimonianze e sulla loro capacità di sostenere una condanna.
La tragica vicenda di Mario Sedda, trovato senza vita il primo aprile 2021, ha sconvolto la comunità di Porto Torres.
Le lesioni riportate, compatibili con percosse reiterate mediante calci, pugni e colpi di pietra, hanno provocato fratture multiple e danni fisici devastanti.
La morte è stata poi causata da numerose coltellate, inferte con una lama in ceramica di notevole lunghezza (20 centimetri), la cui punta, spezzata, è stata ritrovata conficcata nel volto della vittima.
L’autopsia ha rivelato che Sedda non morì immediatamente, ma subì prolungate torture, approfittando del suo stato di incoscienza, probabilmente indotto da alcol e percosse precedenti, prima di essere abbandonato in un luogo isolato.
L’ipotesi di un’irruzione di sostanze chimiche per deturpare il cadavere, inizialmente avanzata, sembra ora infondata, come evidenziato dall’ATI.
L’inchiesta, condotta dalla Procura di Sassari sotto la direzione del pm Angelo Beccu, ha portato all’archiviazione del caso per altri quattro indagati, a testimonianza della difficoltà di ricostruire con certezza l’intera catena di eventi e di individuare tutti i responsabili.
Questo scenario, complesso e doloroso, pone interrogativi cruciali sulla giustizia minorile, sulla validità delle prove testimoniali, e sulla necessità di una ricostruzione accurata dei fatti, nel rispetto dei diritti di tutte le parti coinvolte: l’imputato, la vittima, i suoi familiari, e la collettività che attende verità e giustizia.
La costituzione di parte civile da parte dei familiari di Sedda, rappresentati dagli avvocati Pietro Diaz e Costantino Biella, sottolinea il loro diritto a ottenere risarcimento e a partecipare attivamente al processo di accertamento della verità.






