La Corte d’assise di Sassari è chiamata a giudicare Michele Fresi, un uomo di 28 anni residente ad Arzachena, accusato di aver privato della vita il padre, Giovanni, orologiaio di 58 anni, in un tragico evento verificatosi nella notte tra il 27 e il 28 dicembre 2023.
La vicenda, che ha scosso profondamente la comunità sarda, si configura come un drammatico intreccio di dipendenza, disperazione e violenza.
Il pubblico ministero Gregorio Capasso, nella sua requisitoria, ha richiesto trent’anni di reclusione, tenendo conto della potenziale applicazione di attenuanti che potrebbero alleggerire la pena.
Pur escludendo la richiesta di ergastolo, la Procura ha delineato un quadro complesso, focalizzandosi non solo sulla gravità del fatto – l’oltraggio alla vita – ma anche sulla dinamica emotiva e personale che lo ha preceduto.
L’attenzione si è concentrata sulla figura di Giovanni, descritto come un padre dedito e premuroso, e su quella di Michele, tormentato da una vita segnata da fragilità e da un rapporto problematico con le sostanze stupefacenti.
La ricostruzione dei fatti è sconvolgente.
Nella fatale notte, Michele, gravemente compromesso dall’assunzione di una pericolosa combinazione di anfetamine, cocaina, sostanze acide e alcol, era in stato di agitazione incontrollabile.
La disperazione del padre, profondamente angosciato, lo ha spinto a intervenire, recandosi in centro ad Arzachena nella speranza di placare la furia del figlio.
Tuttavia, il tentativo si è rivelato tragicamente vano.
Prima di compiere l’atto fatale, Michele aveva già manifestato la sua aggressività, maltrattando una sua conoscenza.
La conseguente escalation di violenza si è concretizzata con il colpo mortale inferto al padre con una mazza da baseball, un’arma contundente che ha determinato la sua morte.
La vicenda pone interrogativi profondi sulla responsabilità individuale, sul ruolo delle sostanze stupefacenti e sulla necessità di interventi tempestivi per contrastare le dipendenze.
Si pone l’attenzione sulla difficoltà di una genitorialità che si confronta con la fragilità psichica e la dipendenza di un figlio, e sulle implicazioni sociali di un fenomeno dilagante come l’abuso di droghe.
L’udienza prosegue ora con le dichiarazioni degli avvocati delle parti civili, che rappresentano gli interessi della famiglia del defunto e della comunità colpita da questo evento tragico.
Il 23 settembre si terrà l’arringa difensiva dell’avvocato Pierfranco Tirotto, che avrà l’opportunità di presentare le sue argomentazioni a favore del suo assistito, cercando di mitigare la gravità delle accuse e di far emergere eventuali elementi di attenuazione.
Il verdetto finale si preannuncia complesso e delicato, chiamato a bilanciare la necessità di giustizia con la considerazione delle circostanze attenuanti e delle implicazioni umane di questa drammatica vicenda.