Il drammatico scontro tra gli yacht “Sweet Dragon” e “Amore” nelle acque scintillanti della Costa Smeralda, avvenuto il 31 luglio 2022, si è concluso con un verdetto che solleva interrogativi complessi sulla responsabilità e sulla sicurezza nella navigazione di lusso.
Il processo, celebrato a Tempio Pausania, ha portato a un’assoluzione integrale per il comandante Luigi Cortese, a capo dello “Sweet Dragon” di proprietà della famiglia Berlusconi, e a una condanna a due anni per il comandante Mario Lallone, al timone dell’ “Amore”.
La vicenda, che ha spezzato la vita del manager tedesco Dean Kronsbein, 63 anni, a bordo dell’ “Amore”, ha posto al centro un’analisi minuziosa delle dinamiche che portarono alla tragica collisione.
La ricostruzione degli eventi, condotta dalla Guardia Costiera, ha evidenziato una navigazione ad alta velocità da parte di entrambe le imbarcazioni in un tratto di mare particolarmente delicato, tra Li Nibari e l’isolotto delle Rocce.
Questa velocità, unita a fattori di visibilità e alle manovre in mare aperto, sembra aver contribuito in modo determinante alla rotta di collisione.
L’impatto ha provocato il rovesciamento dello yacht “Amore” contro gli scogli.
Dean Kronsbein, colpito violentemente alla schiena, ha subito un arresto cardiaco irreversibile, sigillando il suo destino.
La dinamica ha immediatamente acceso un acceso dibattito sull’opportunità di imporre limiti di velocità più stringenti nelle aree ad alta densità di imbarcazioni di lusso, dove la spettacolarità e il prestigio spesso prevalgono sulla prudenza.
La sentenza ha diviso la platea.
L’avvocato Fabio Varone, difensore di Cortese, ha espresso profonda soddisfazione per l’assoluzione del suo assistito, definendola una “giustizia” che riconosce l’integrità della sua condotta e il pieno rispetto delle normative internazionali e locali.
Questa affermazione, unita alla complessità del caso, suggerisce un quadro in cui le responsabilità potrebbero essere più sfumate di quanto inizialmente ipotizzato.
Il verdetto, sebbene rappresenti una chiusura formale del procedimento giudiziario, solleva interrogativi più ampi: l’adeguatezza delle procedure di sicurezza nella navigazione di lusso, la necessità di una maggiore supervisione delle attività marittime in aree sensibili come la Costa Smeralda, e la riflessione sulla cultura della velocità e della performance che può compromettere la sicurezza umana.
La tragica perdita di Dean Kronsbein rappresenta un monito doloroso e un invito a ripensare i principi guida della navigazione in un contesto di crescente afflusso di imbarcazioni di grandi dimensioni e alte prestazioni.
Il caso, più di una semplice vicenda giudiziaria, si configura come un tassello cruciale nel dibattito sulla responsabilità collettiva e sulla tutela della vita in mare.