Sotto un cielo stellato, incastonato tra l’imponente Fortezza Arena e le acque turchesi del sud-ovest sardo, si è conclusa una tappa cruciale del tour europeo dei Duran Duran.
Più di cinquemila appassionati hanno gremito lo spazio, trasformando l’evento in un’esplosione di energia e nostalgia, culminata in un’incontenibile danza collettiva sulle note di “Rio”, il brano che consacrò il gruppo alla fama mondiale nel 1982.
La data di Santa Margherita di Pula, che ha seguito tappe a Roma, Bari e Milano, rappresentava l’atto conclusivo di un viaggio attraverso il continente, un’occasione per celebrare una discografia eccezionale, che vanta oltre 150 milioni di dischi venduti a livello globale.
La band, guidata dal carismatico Simon Le Bon, ha offerto uno spettacolo che ha saputo coniugare la fedeltà al proprio repertorio con una dinamica interpretativa sempre fresca e coinvolgente.
L’atmosfera si è accesa fin dalle prime note, con l’inquietante introduzione di “Night Boat”, immediatamente seguita dal ritmo pulsante di “The Wild Boys”, che ha trascinato il pubblico in un’esplosione di movimento.
Le Bon, con una presenza scenica inalterata, ha salutato il pubblico in un italiano fluente, aprendo la strada a un concerto che si è rivelato un’esperienza condivisa, un dialogo tra generazioni unite dalla passione per la musica.
La performance ha visto l’intreccio di momenti iconici e brani meno conosciuti, tutti presentati con una cura maniacale per i dettagli sonori e visivi.
La sezione ritmica, affidata alla maestria di John Taylor al basso e Roger Taylor alla batteria, ha fornito una solida base per le tastiere evocative di Nick Rhodes, che hanno dipinto paesaggi sonori suggestivi.
Dom Brown alla chitarra e i cori di Anna Ross ed Erin Stevenson hanno arricchito ulteriormente la trama sonora, creando un tessuto musicale denso e stratificato.
L’assenza di Andy Taylor, seppur avvertita, non ha intaccato la potenza dello spettacolo.
La scaletta ha abbracciato l’intera parabola artistica dei Duran Duran, da “Hungry Like the Wolf” a “Notorius”, da “A View to a Kill” a “Ordinary World”, quest’ultima accompagnata da un sentito appello alla pace universale, che ha commosso la platea.
Momenti di pura emozione si sono alternati a performance energiche, come la cover di “Psycho Killer” dei Talking Heads, un omaggio che riprende anche la recente partecipazione del gruppo al Festival di Sanremo.
Un gesto simbolico, un vero segno di connessione con il territorio, è stato il lancio di una bandiera sarda, i Quattro Mori, sul palco.
Simon Le Bon l’ha raccolta con orgoglio, sventolandola durante i bis, quasi a voler sancire un legame profondo con l’isola e il suo pubblico.
La conclusione, con “Save a Prayer” e l’inno di “Rio”, ha innalzato l’energia dell’Arena a livelli quasi surreali, con il pubblico illuminato dai mille schermi dei cellulari, trasformando la Fortezza Arena in un mare di luci pulsanti.
Un concerto che non è stato solo un viaggio nella musica, ma un’esperienza collettiva, un ricordo indelebile impresso nella memoria di chi ha avuto la fortuna di esserci.